Il 42enne portiere della Bacigalupo Vasto Marina, Massimo Marconato. Nelle foto piccole, Maurizio Sarri e Antonio Conte

VI RACCONTO SARRI E CONTE

«Maurizio grande tattico, Antonio un motivatore» 

Marconato (portiere della Bacigalupo) parla dei tecnici di Juve-Inter

VASTO. Domenica se li gusterà dal divano di casa e magari gli torneranno in mente vecchi ricordi di una avventura che Massimo Marconato ha ben stampata nella mente, quella di Arezzo stagione 2006-2007, quando il 42enne portiere ancora in attività – difende i pali della Bacigalupo in Eccellenza – è stato allenato prima da Antonio Conte e poi da Maurizio Sarri che si sono avvicendati sulla panchina dei toscani in serie B. Domenica sera si affronteranno all’Allianz Stadium: Sarri alla guida della Juventus e Conte in sella all’Inter. «Due allenatori diversi, direi opposti», sostiene l’estremo difensore originario di Caerano di San Marco, in provincia di Treviso, ma da anni stabilitosi a Vasto. «Conte è un grande motivatore, carismatico. Allenando, poi, ha acquisito qualità tecniche e tattiche. È migliorato molto nel corso degli anni».
Sarri invece? «Un maniaco della tattica. Lui non avendo giocato, studiava il calcio e cercava di determinare le situazioni di gioco attraverso i movimenti dei giocatori. Due allenatori agli antipodi, ma che meritano di essere lassù, ai vertici del calcio italiano. Sono il top».
Eppure alla fine di quella stagione l’Arezzo retrocesse, nonostante la partenza con Conte, l’arrivo a fine ottobre di Maurizio Sarri, reduce dall’esperienza di Pescara, e il ritorno di Conte a marzo. «Ad Arezzo arrivai nell’estate del 2006 dopo l’esperienza di Vasto. Fummo l’unica squadra a cui non tolsero nessuno dei punti (sei, ndr) di penalizzazione per Calciopoli. Io a gennaio, poi, andai a Manfredonia, in C1». C’erano Bremec e Marconato tra i pali quell’anno e l’ex vastese fu chiamato per la squalifica di Bressan. «Decisi di accettare il trasferimento perché non avevo un buon rapporto con un componente dello staff di Sarri dell’epoca. E per non andare allo scontro andai via».
E con Sarri? «Lui non le manda a dire, è diretto. Lo apprezzo. “Se vuoi andare via, lo puoi fare”, mi disse. Ogni tanto sentivo Conte che, però, mi diceva di restare. Ma, piuttosto che andare allo scontro, andai in C1 a Manfredonia». Aneddoti non ne ricorda, ma Marconato rimarca alcuni concetti: «Conte era il primo anno che allenava, ci teneva in maniera particolare a fare bene. È un sanguigno, con lui ho avuto un buon rapporto. Sarri, invece, come lo vedi è. Conte pretende molto dal gruppo, sa farsi dare tutto quello che uno ha. Ripeto: grande motivatore. Gli atteggiamenti che ha oggi in panchina sono quelli di Arezzo, lo stesso vale per Sarri».
Quella stagione. Nel 2006, aveva 37 anni Antonio Conte ed era reduce dall’esperienza di secondo di De Canio a Siena. L’allora presidente Mancini lo prese al posto di Gustinetti che nella stagione precedente aveva sfiorato i play off. In quell’Arezzo c’era, tra gli altri, il rosetano Daniele Di Donato che oggi guida proprio i toscani in serie C. Buon precampionato, ma saranno solo 5 i punti raccolti nelle prime 9 giornate, bottino privo di vittorie e frenato dai gol segnati (solo due, tre i rigori sbagliati) che a fine ottobre non hanno azzerato la penalizzazione in classifica. All'incrocio di destini partecipa anche Graziano Pellè, suo futuro attaccante in Nazionale a segno in Cesena-Arezzo (2-0), che ne contribuisce all’esonero del 31 ottobre. Antonio se ne va ricordando allo spogliatoio: "Se entro cinque anni non vinco lo scudetto con la Juve, allora smetto di allenare". Quasi si mettono a ridere i suoi giocatori.
E così arriva Sarri. Non mancano invece schemi ("Tatticismo stremante", ricorda Floro Flores) e scaramanzia con l’avvento dell’attuale allenatore della Juve. "Prima di ogni partita”, ricorda il rosetano Daniele Di Donato, “ci obbligava ad ascoltare il discorso di 'Ogni maledetta domenica'". Sarri debutta perdendo in casa contro Zeman, la spunta in Coppa contro il Livorno ma cade altre tre volte di fila per mano di Bologna, Brescia (Hamsik in gol) e Vicenza. A fine novembre la squadra è inchiodata al -1 e in ritardo di 12 punti dal quartultimo posto, ma il mese seguente è quello della rivoluzione: 8 punti raccolti in 5 partite, battute Pescara e Verona oltre al prestigioso 2-2 imposto in casa alla Juventus nel segno di Martinetti. Un’impresa commentata dallo stesso Sarri: "A fine partita nello spogliatoio ci siamo guardati e ci siamo messi tutti a ridere: l’abbiamo fatta grossa stavolta". Il matrimonio Sarri-Arezzo va avanti fino a marzo quando, contrariato dalle scelte del tecnico e da una classifica complicata, il presidente Mancini lo esonera riconsegnando il testimone a Conte. Che cambia subito marcia. Prende forma il travolgente 4-2-4 che riproporrà in carriera, modulo nato ad Arezzo e dettato dalla preparazione tattica di Conte in quei mesi dal viaggio in Olanda (van Gaal contribuì) ai corsi d’aggiornamento. La squadra decolla, ma la vittoria all’ultima giornata dello Spezia a Torino contro la Juventus già promosse vanifica la rincorsa.
Marconato a Vasto. E’ stato Luca Evangelisti a portare Massimo Marconato in biancorosso. Era il 2004 e il portiere fece due anni a Vasto prima di andare ad Arezzo. In città ha messo le tende, perché ha conosciuto la compagna che ancora oggi è al suo fianco. Ha continuato a girare e a giocare facendo quartier generale a Vasto. In Abruzzo, tra i dilettanti, ha giocato anche a Cupello, a Borrello e, ancora oggi, nella Bacigalupo. «A 42 anni gioco per la passione e l’amore che mi legano a questo sport. Cerco di insegnare e trasmettere il mio vissuto. Il mestiere più bello del mondo è fare il calciatore e fin quando posso vado avanti, perché mi diverto. La mia forza è sempre stata la continuità delle prestazioni. Poi, certo, ci sono gli errori. Ma, a mio avviso, il portiere più bravo è quello che sbaglia di meno nell’arco di un campionato». Vastese d’adozione, ma le origini venete non si tradiscono. «Sono di Caerano di San Marcio, provincia di Treviso. Lì ho iniziato a giocare che avevo 16 anni nell’allora Interregionale. Poi, sono andato a Padova, facevo il terzo a Bonaiuti e Del Bianco. Era il Padova di Lalas, un pazzo scatenato, simpaticissimo». Mai la serie A. «Molte scelte fatte in carriera erano per aiutare ragazzi più deboli, mi esponevo sempre io per difendere gli altri. Il grazie di queste persone mi ha ripagato anche della carriera che non ho fatto». E poi: «Mi è mancata la serie A, ci sono andato più volte vicino. Forse, ho fatto valutazioni frettolose. Andrea Ranocchia e Floro Flores, ad Arezzo, sono stati i compagni di squadra più forti».
Il futuro sembra scritto: «Vorrei fare il preparatore dei portieri, sto vedendo come iscrivermi al corso».
@roccocoletti1.

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