Morosini, sei minuti e mezzo di caos in diretta tv

Indagati 4 medici per il mancato uso del defibrillatore, scagionato il vigile che bloccò l’ambulanza

PESCARA. Morosini che barcolla e si accascia in campo, e che per due volte prova a rialzarsi mentre il compagno di squadra Schiattarella urla e si sbraccia per chiamare i soccorsi. Il medico del Livorno Manlio Porcellini che si precipita sul ragazzo prima ancora che l’arbitro fermi il gioco, seguito dal massaggiatore Claudio D’Arcangelo e dal medico del Pescara Ernesto Sabatini, e dal medico del 118 Vito Molfese che arriva solo in un secondo momento perché l’ambulanza è bloccata da un’auto dei vigili urbani parcheggiata all’ingresso Maratona, dove non si dovrebbe, per giunta chiusa a chiave e con il freno a mano tirato, mentre dagli spalti accorre anche Leonardo Paloscia, direttore dell’Unità coronarica dell’ospedale civile.

È una tragedia collettiva quella trasmessa in diretta Sky sabato 14 aprile di un anno fa durante la partita all’Adriatico Cornacchia Pescara-Livorno. Una tragedia che sta tutta nei sei minuti e 24 secondi che passano da quando il centrocampista del Livorno si accascia (al 29’ 41’’ di gioco) a quando, finalmente, lascia il campo a bordo dell’ambulanza. Già in arresto cardiaco, senza essersi mai ripreso dopo che i quattro medici in campo le provano tutte per rianimarlo, tranne quello che il protocollo prevede: il defibrillatore semiautomatico che un infermiere della Misericordia si precipita a portare al capezzale del calciatore dopo appena un minuto dal malore. Un anno dopo la morte di Piermario Morosini, quei quattro medici sono stati indagati per omicidio colposo, ognuno con responsabilità diverse secondo il ruolo e la tempistica con cui la Digos ha ricostruito i loro interventi, incrociando testimonianze, filmati e foto. Sospeso per sei mesi, e poi riammesso invece, l’ufficiale della polizia municipale che lasciò l’auto di servizio davanti all’ingresso Maratona: una leggerezza, come lui stessa la definì, che però non risultò avere un rapporto causale con la morte del Moro che comunque andava rianimato in campo, con il defibrillatore, prima di essere trasportato in ospedale.

Ancora, un anno dopo la morte di Morosini si sa, come ha evidenziato l’autopsia, che il calciatore è stato stroncato da una cardiomiopatia aritmogena, una malattia genetica che non era stata mai messa in evidenza dai controlli a cui era stato sottoposto nella sua carriera di calciatore, iniziata nella sua Bergamo da ragazzino, prima nella Polisportiva Monterosso e poi nelle giovanili dell’Atalanta. Ma si sa anche, come hanno stabilito i periti del gip, che il defibrillatore era assolutamente necessario quel giorno. Motivo per cui, per il mancato utilizzo, secondo i periti sono da ritenersi responsabili prima di tutto il medico del 118 (che avrebbe dovuto assumere un ruolo da leader riconoscendo immediatamente l’assenza di impiego del defibrillatore) seguito dal medico del Livorno (primo a intervenire quando le probabilità di rianimare il ragazzo con il defibrillatore erano maggiori), da quello del Pescara (che in qualità di responsabile del soccorso in campo doveva conoscere la disponibilità del defibrilatore) e solo infine dal primario perché arrivato per ultimo, quando erano residue le chance di sopravvivenza del calciatore. Sono queste le risultanze della perizia che il 19 aprile verranno cristallizzate nell’incidente probatorio fissato dal gip di Pescara. Risultanze che non fanno che alimentare la rabbia e il dubbio sulla sorte di quel ragazzo che era malato, ma che forse si poteva salvare. Un dubbio che in questi dodici mesi è servito però, come fa presente Maurizio Casasco, presidente della federazione Medici sportivi, «a riordinare le idee in termini di prevenzione e controlli sportivi. «Adesso aspettiamo che venga applicato la direttiva Balduzzi per i defibrillatori su tutti i campi», dice Casasco, mentre per onorare la memoria di Morosini la Figc proprio in questo primo anniversario ha istituito due borse di studio da assegnare a giovani ricercatori per studi e lavori scientifici sulla morte improvvisa nello sport.

Ma nel primo anniversario della scomparsa del Moro, che con la sua Anna progettava di sposarsi, c’è anche e soprattutto la commozione di chi ha visto morire un ragazzo mentre giocava a calcio. Un ricordo che Pescara affida a una targa con cui oggi alle 12 intitolerà a Morosini il settore ospite della curva sud dello stadio, così come Livorno, la città dove giocava, domani gli intitolerà una tribuna dello stadio Picchi.

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