Promesse, accuse e rancori: Vivarini-Pescara al vetriolo

Dopo il divorzio, grazie al nuovo regolamento, il tecnico viene richiamato a Bari. Al San Nicola si giocherà una sfida che andrà oltre i tre punti in palio. L'accusa: «Poca professionalità»
PESCARA. Già Bari-Pescara è una partitissima da sé, vista la rivalità esistente tra le tifoserie. La presenza sulla panchina biancorossa dell’abruzzese Vincenzo Vivarini accresce l’interesse e il pepe sulla sfida salvezza del San Nicola in programma lunedì (ore 17,15). Quello stesso Vivarini che ha iniziato la stagione sulla panchina del Pescara. E che comunque sarebbe stato un ex per via della passata esperienza, nel 2020, alla guida del Bari. Quindi, non sarà solo Bari-Pescara, ma, soprattutto Vivarini-Pescara.
Il vizio originale. Il Pescara in estate dopo essere stato lasciato da Silvio Baldini è andato dritto su Vincenzo Vivarini, il 59enne tecnico di Ari stabilitosi a Francavilla. Il presidente Sebastiani - in passato lo chiamava van Gaal come l’allenatore olandese molto sicuro di sè - racconta di un nome proposto dal ds Pasquale Foggia che lui ha subito approvato. La piazza pure. Vivarini accetta: è sotto contratto con il Frosinone, il ds Angelozzi dei ciociari (in procinto di passare al Cagliari) dà il via libera. Rescissione con il Frosinone e nuovo contratto con il Pescara. Sulle ali dell’entusiasmo il tecnico commette l’errore che gli sarà fatale: non ottiene le garanzie tecniche necessarie in serie B. Si inserisce in un meccanismo collaudato: squadra-ds-presidente. Prende il posto di Baldini, ma ben presto si accorge che non è tutto oro quel che luccica. Settimana dopo settimana, scelta dopo scelta, summit dopo summit.
A Ferragosto tutti d’accordo: mancano sei-sette rinforzi e, soprattutto, manca una settimana all’inizio del campionato. Che comincia con una sconfitta, anzi due. E quando si va in campo, poi, le responsabilità sono dell’allenatore. Che i rinforzi siano arrivati tardi, che alcuni sono senza preparazione, che altri si sono infortunati ai tifosi importa poco quando si inizia a giocare. Si discute dei risultati e delle scelte dell’allenatore che non ha più vie di scampo. Il 21 settembre il 4-0 all’Empoli. E il presidente Sebastiani: «Il Pescara non deve porsi limiti». Ma i biancazzurri non vincono più. A Chiavari il successo sfuggito nel finale è l’inizio della fine per Vivarini. Escono voci di crepe nello spogliatoio, ma, ovviamente, sono illazioni di “chi ci vuole male”. Però… Il presidente Sebastiani comincia a esternare («Dagasso è un talento, gli va cercata la giusta posizione in campo per valorizzarlo»). Chi ha buona memoria, in città, capisce che la fine di Vivarini è imminente.
Il trittico letale. Tre partite in una settimana per chi ha una rosa risicata per via degli infortuni è una maledizione. Il martedì il Pescara si salva con la rete di Meazzi in pieno recupero che impone il pari al Sudtirol che avrebbe meritato di più all’Adriatico-Cornacchia. Il sabato c’è la trasferta di Palermo desideroso di riscatto. Uomini contati, uno o due giocatrici da poter cambiare. Devono giocare sempre gli stessi e tre gare in una settimana contro la corazzata rosanera al Barbera nella notte della festa dei 125 di storia si sentono. È naturale e fisiologico. E davanti a trentamila spettatori i biancazzurri resistono un tempo, chiuso sotto 1-0, e poi crollano nel secondo. Totale 5-0. Nel dopo partita Sebastiani è sferzante: «La squadra non corre» il succo di uno sfogo in cui non nomina mai Vivarini, ma tutti capiscono che è lui l’obiettivo.
Due giorni dopo davanti ai microfoni e alle telecamere, a Montesilvano, il presidente rincara la dose: «Pentito dello sfogo? No, macché. Non ci sto a retrocedere così, farò di tutto perché la storia del 2021 non si ripeta». Settimana sul filo della tensione. Vivarini si gioca la panchina contro la corazzata Monza che, vincendo all’Adriatico-Cornacchia, può salire in vetta alla classifica. 2-0 per i brianzoli e a fine partita le parole di Daniele Sebastiani sono una sentenza: «La squadra non corre, bisogna fare qualcosa. Non ci sto a tornare in C». Ineccepibile. Che poi in campo siano andate due squadre agli antipodi è un altro discorso: un anno fa il Monza era in A e il Pescara in C; soprattutto, quella biancazzurra è la rosa costruita con il minor monte-ingaggi, mentre quella brianzola costa più di tutte in B, circa 33 milioni. Ma con la corsa e con il cuore si possono (e si devono secondo la dirigenza) annullare il gap tecnico.
Via Vivarini, arriva Giorgio Gorgone. Siamo ai primi di novembre. C’è la sosta della B e, soprattutto, Catanzaro-Pescara, la partita del cuore di Vincenzo Vivarini che al Ceravolo ha fatto la storia. Ci teneva a tornare da ex, ma vedrà la partita in televisione. Mastica amaro. Riflette, ricostruisce, analizza e impreca nelle lunghe battute di caccia con i suoi cani. Magari capisce anche di essere stato un corpo estraneo nell’asse consolidato dalla promozione dell’estate scorsa tra i giocatori della vecchia guardia, il direttore sportivo Foggia e il presidente. Poi, un po’ alla volta ecco le voci dallo spogliatoio. «Beh, sì, eravamo abituati a lavorare di più con Zeman e Baldini», dice Davide Merola, fuori per due mesi per un infortunio muscolare. Basta un pareggio, a Catanzaro, a Luca Valzania per fargli dire che «è tornato l’entusiasmo».
Nel frattempo, si fa male ancora Oliveri e dal mercato degli svincolati arriva Davide Faraoni. Ma c’è anche l’imponderabile, ovvero che il Bari va male. Anzi, continua ad andare male. E decide di esonerare Fabio Caserta. E il regolamento permette ai dirigenti biancorossi di pensare a Vivarini. Il suo è il nome che mette tutti d’accordo: il ds Valerio Di Cesare che l’ha avuto, a Bari, come allenatore, il dg Giuseppe Magalini che l’ha avuto in panchina a Catanzaro negli anni del dominio giallorosso in C e della serie B. Dulcis in fundo è d’accordo anche Luigi De Laurentiis che ha avuto Vivarini in C nella stagione 2019-2020 chiusa con la finale play off persa contro la Reggiana, caratterizzata da una rincorsa entusiasmante alla Reggina di Toscano promossa in B. Sebastiani alleggerisce i costi di gestione, via libera alla rescissione.
Separati e contenti. Ognuno per la sua strada, ma senza successo. La prima del Vivarini-bis è un incubo: perde 5-0 contro lo stesso Empoli che aveva battuto un paio di mesi prima (4-0) alla guida del Pescara. I biancazzurri, invece, corrono di più, si prendono i complimenti del presidente Sebastiani, ma perdono 1-0 in casa contro il Padova. In mezzo il recupero di giovedì in cui il Bari fa 0-0 a Castellammare di Stabia chiuso con una stoccata di Vivarini in sala stampa su sollecitazione dei giornalisti: «Pescara è la mia città, mi ha dato tanto. Sono e sarò sempre legato ai colori biancazzurri. Poi, però, capita di trovare poca professionalità...». Lunedì le storie parallele si incroceranno al San Nicola semi-deserto per lo sciopero del tifo.
I sorrisi e le parole saranno solo di facciata. L’unico a non aver parlato in queste settimane - fatta eccezione per la stoccata del Menti - è stato Vincenzo Vivarini, lui spera di far parlare il campo nel giorno dell’Immacolata Concezione in replica a quelle di Sebastiani. Il Pescara vuole mandargli di traverso la prima al San Nicola e tornare a vincere in trasferta dopo sei mesi. Lo impone la classifica, non c’è più tempo da perdere.
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