Tecnica e possesso palla: il 93% dei passaggi è andato a buon fine

16 Giugno 2014

Le statistiche della sfida di Manaus spiegano il successo dell’Italia: l’Inghilterra ha corso tanto, l’Italia ha fatto girare il pallone

INVIATO A MANAUS. Lo definiranno “tiki taka” perché ormai va di moda. In realtà l’Italia ha schiantato l’Inghilterra con la tecnica, il gioco di prima, la capacità di far girare palla piuttosto che correre e sfinirsi.

Quel 93% di passaggi. Molto interessante un’analisi fatta dal quotidiano inglese Daily Mail che ha analizzato i dati del match di sabato notte.

Andando a calcolare il numero dei passaggi degli azzurri, ha scoperto che ben il 93% è andato a buon fine. Nessuno dal 1966 era riuscito a far tanto. L’Italia ha completato qualcosa come 561 passaggi su 602. Una ragnatela mortale per gli inglesi, una ragnatela innescata naturalmente da Andrea Pirlo che addirittura ha sbagliato soltanto cinque passaggi su 108. Dietro di lui Daniele De Rossi (99 giusti su 105), mentre nell’Inghilterra il capofila di questa classifica è Gerrard talmente distante da avere appena 62 passaggi completati.

Zeman e il 3-6-1. A dare una spiegazione tecnica a ciò che è successo in campo a Manaus è stato Zdenek Zeman: «Abbiamo giocato con un 3-6-1 visto che Darmian, a mio avviso il migliore in campo, era alto sulla linea dei centrocampisti ed è stato bravissimo a creare superiorità numerica sovrapponendosi con Candreva… ».

In 6 contro 2. Concordiamo con questa analisi, come scritto anche ieri. Il ct inglese, Roy Hodgson ha voluto fare un po’ troppo il fenomeno schierando un’Inghilterra in pratica con quattro punte, perché nel suo 4-2-3-1 c’era Sturridge davanti ma i tre dietro (Rooney, Welbeck e Sterling) facevano poco e male la fase difensiva. Così alla resa dei conti Gerrard (un po’ bollito) e Henderson si sono ritrovati da soli a dover fronteggiare l’intero centrocampo dell’Italia. Che spesso diventava proprio a sei, con De Rossi che arretrava a fianco di Barzagli e Paletta, mentre in mezzo al campo agivano Verratti e Pirlo come centrali, Marchisio e Candreva come mezzali, più Chiellini e Darmian come esterni.

È chiaro che poi questi sei uomini non stavano in linea, ma comunque il centrocampo azzurro faceva massa, mentre l’Inghilterra si allungava sempre troppo.

Chi gira e chi corre. I dati che abbiamo illustrato all’inizio hanno anche un’altra chiave di lettura. L’Italia ha vinto perché nel forno di Manaus ha fatto prevalere la sua tecnica, puntando sui passaggi, sulla palla che girava, limitando così di correre col pallone tra i piedi. L’Inghilterra aveva giocatori rapidi, forse anche più freschi atleticamente, ma ha commesso un errore di presunzione: ha pensato che la partita si sarebbe trasformata in lunga corsa, e che alla resa dei conti l’Italia sarebbe scoppiata.

Vero che l’Italia ha forse corso meno, ma ha corso poco e bene. Appunto facendo girare la palla ed evitando di sprecare in energie in inutili cavalcate. Come invece hanno fatto i giocatori di Hodgson.

La profondità. Ecco, se proprio si può fare un appunto agli azzurri, è mancato un pizzico di profondità. In tante occasioni siamo arrivati nella zona tra la trequarti e l’area dell’Inghilterra con almeno cinque uomini, ma non siamo riusciti a trovare il passaggio dentro, l’imbeccata. Forse anche perché Mario Balotelli non si muoveva molto e talvolta sono mancati i tempi giusti. Ma ci si può lavorare. E con tre punti in tasca ci si lavora anche meglio...

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