Acqua a rischio, processo il 13 settembre 

I pm firmano la citazione diretta a giudizio per dieci indagati: sono i vertici di Infn, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti

TERAMO. Nei giorni caldi della minacciata chiusura dell’A24 e dell’annuncio di un commissario per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso, c’è un primo punto fermo. Almeno giudiziario. La Procura ha firmato la citazione diretta a giudizio per dieci indagati tra i vertici di Istituto di fisica nucleare, Strada de Parchi e Ruzzo Reti: il maxi processo per inquinamento ambientale inizierà il 13 settembre.
L’azione penale è stata esercitata dopo che il 10 aprile scorso il gup Marco Procaccini in udienza preliminare aveva rinviato gli atti alla Procura affinché, proprio in considerazione del tipo di reati contestati che prevedono una pena non superiore ai quattro anni o una contravvenzione, il processo avvenisse con la citazione diretta a giudizio di competenza del pm. Per la cronaca un tecnicismo giuridico, nei fatti un passaggio che ha saltato l’udienza preliminare. Nell’elenco degli imputati, così come già definito nell’avviso dei conclusione delle indagini, sono state inserite anche le società Strada dei Parchi e Ruzzo Reti nei confronti dei quali la Procura ipotizza l’ipotesi di illecito amministrativo. Gli imputati sono: Fernando Ferroni, Stefano Ragazzi, Raffaele Adinolfi Falconi ((dell’Infn); Lelio Scopa, Cesare Ramadori, Igino Lai (di Strada dei Parchi); Antonio Forlini, Domenico Giambuzzi, Ezio Napolitani e Maurizio Faragalli (di Ruzzo Reti). I reati contestati sono l’inquinamento ambientale (il 452 bis) e il getto pericoloso di cose (il 674). Con un filo conduttore a legare le pagine del voluminoso fascicolo: quel principio di precauzione definito ormai da tempo dalle normative europee in materia di tutela ambientale. Decine di sopralluoghi e videoispezioni, le ricostruzioni dei tre super esperti incaricati dalla Procura teramana e le indagini del Noe hanno fotografato una realtà fatta di rischi e procedure ignorate. In un contesto, quello ipotizzato dalla Procura, in cui sono emerse presunte interferenze tra i laboratori, le gallerie autostradali e il sistema di condutture delle acque con criticità mai sanate. Con, sostengono i magistrati, un pericolo permanente per la salubrità delle acque.
L’inchiesta giudiziaria, nata dopo l’emergenza potabilità del 2017, porta la firma dei pm Greta Aloisi, Davide Rosati e Stefano Giovagnoni coordinati dal procuratore Antonio Guerriero. Per anni magistrato di prima linea nella Terra dei fuochi, Guerriero nei mesi scorsi ha messo nero su bianco la realtà di un sistema fortemente a rischio scrivendo una lettera a tutti gli enti e invitandoli a fare interventi a tutela delle salute pubblica.
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