Affama moglie e figliolette, condannato

20 Settembre 2024

Pena di quattro anni a un afghano accusato di maltrattamenti. La donna costretta a fare i pannolini con le buste di plastica

TERAMO. Nelle aule di tribunale bisogna sempre avere il coraggio di scendere nel baratro profondo delle storie. Perché raccontare non è mai facile. Non lo è stato per la donna pakistana mamma di due figlie che ha denunciato il marito che lasciava lei e le bambine senza cibo per giocare ai videopoker. Ed è stato chiaro il pm Elisabetta Labanti quando nella sua requisitoria ha detto: «Il reato di maltrattamenti va sempre riempito di contenuti concreti. In questo caso molto più che concreti».
Una condanna a quattro anni ha chiuso in primo grado il processo all’uomo afghano accusato di maltrattamenti nei confronti di moglie e figli all’epoca residenti in un centro della Val Vibrata.
Nell’attesa delle motivazioni (preannunciate tra 90 giorni), è ipotizzabile credere che per il collegio di giudici presieduto da Francesco Ferretti (a latere Marco D’Antoni e Martina Pollera) la vittima sia risultata attendibile e credibile. A confermare il suo drammatico racconto sono stati i vicini di casa, tra cui un connazionale del marito che ha detto come la donna spesso andava da lui e sua moglie per chiedere cibo e pannolini e come fosse costretta ad usava la plastica dei sacchi della spazzatura e degli strofinacci al posto dei pannolini per le figlie perché non aveva i soldi per comprarli. In aula la donna ha raccontato di quel matrimonio tra cugini combinato tra le famiglie come «tradizione nel mio Paese», dell’arrivo in Italia, del marito che lavorava come operaio e che quando usciva di casa chiudeva lei e le bambine dentro casa «perché non aveva piacere che io uscissi e io per non farlo arrabbiare facevo quello che voleva». E poi ancora le botte con il manico della scopa a lei e alle bambine, il terzo figlio morto a nove mesi di gravidanza «perché non mi ha mai portato a fare una visita ginecologica» e le minacce dell’uomo quando lei, grazie ad alcuni vicini, chiama i carabinieri: «Ucciderò le nostre figlie e porterò i loro corpi nel Paese d’origine».
La donna, che dopo la denuncia e la fuga è stata ospitata in una casa protetta, oggi racconta che ha un lavoro e che le piace tanto cucinare «le cose buone che piacciono alle bambine». Non vede e non sente il marito da tre anni e nel frattempo il tribunale per i minori le ha assegnato la custodia esclusiva delle bambine, revocando la sospensione genitoriale all’uomo. Nel processo si è costituita parte civile assistita dall’avvocato Cristina Celentano. Ha ripreso a vivere per lei e le sue bambine.
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