Azioni ex Tercas, scatta un altro risarcimento 

Il giudice accoglie il ricorso di una risparmiatrice per la mancata informazione: «La condotta omissiva della banca ha concorso alla perdita del capitale investito»

TERAMO. La cronaca giudiziaria continua a scandire la vicenda delle azioni ex Tercas con nuove sentenze a favore dei risparmiatori in quello che ormai appare un orientamento consolidato del tribunale di Teramo. Con un filo conduttore a legare decine di pagine di motivazioni: per i giudici i risparmiatori non sarebbero stati adeguatamente informati dalla banca sui rischi delle operazioni ritrovandosi da un momento all’altro con titoli senza più valore.
In questo caso il giudice della sezione civile Silvia Codispoti ha accolto il ricorso di una risparmiatrice che aveva acquistato 2.250 azioni per un prezzo di 20.250 euro, ha respinto l’eccezione sollevata dall’istituto di credito (oggi Banca Popolare di Bari) sull’incompetenza del tribunale teramano (con richiesta di spostare tutto al tribunale delle imprese all’Aquila) e ha confermato che il termine per la prescrizione è di 10 anni. Anche in questo caso i fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari.
Scrive il giudice, citando svariati pronunciamenti della Cassazione, che: «Appare chiaro al tribunale che non possono ritenersi correttamente adempiuti, da parte della banca, gli obblighi informativi. L’istituto di credito ha dedotto di avere adempiuto a tali obblighi mediante la consegna al cliente di quella documentazione che, in sostanza, la Cassazione ritiene espressamente non sufficiente, da sola, ad integrare l’adempimento degli obblighi informativi. Trattasi del prospetto generale dei rischi degli investimenti e del documento contenente la formula “operazione non adeguata per tipologia, frequenza, oggetto e dimensioni” e l’avvertimento circa la sussistenza del conflitto di interessi per essere la banca, al contempo, partecipante al collocamento ed emittente dei titoli azionari. Otre alla consegna di tali documenti la banca non ha provato, come invece era suo onere, di aver fornito all’attrice ogni informazione in suo possesso ( da procurarsi con l’ordinaria diligenza), tenendo conto, da un lato, delle caratteristiche specifiche del prodotto finanziario e, dall’altro, del profilo di rischio della cliente».
E aggiunge: «Con riguardo al primo profilo deve rilevarsi come l’operazione di acquisto in esame era un’operazione inadeguata per tipologia, frequenza, oggetto e dimensioni. Quanto al profilo di rischio dell’attrice deve rilevarsi che esso era basso, prudente e conservativo, così come scarsa era la conoscenza da parte della cliente della tipologia di prodotto oggetto di giudizio, cioè un’azione a rischio alto e speculativo trattandosi di un’operazione illiquida, non quotata e di lunga durata». Il tribunale ha condannato la banca risarcire la somma di 20mila euro con tanto di rivalutazione monetaria. Secondo il giudice, infatti, «la condotta omissiva della banca ha concorso, in modo determinante, alla perdita del capitale investito che l’attrice avrebbe potuto evitare qualora fosse stata adeguatamente informata delle caratteristiche specifiche e, di conseguenza, della non adeguatezza dell’investimento nelle azioni Tercas». La risparmiatrice è stata assistita dall’avvocato Luca Macci.
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