Bancarotta, prosciolto Giovanni Tormenti
Nuova vittoria dopo la Cassazione: non luogo a procedere per l’imprenditore di Navigo.it
TERAMO. Dopo la vittoria in Cassazione, non luogo a procedere per uno dei fratelli Tormenti. Nei giorni scorsi, infatti, il gup Domenico Canosa ha stabilito il non luogo a procedere per Giovanni Tormenti, ex legale rappresentante di Navigo.it. Nel procedimento (fascicolo del pm Greta Aloisi) Tormenti era indagato per bancarotta fraudolenta patrimoniale societaria per aver distratto dalla cassa contanti della fallita Navigo la somma di 29mila euro, somma non rinvenuta dalla curatela all’atto dell’inventario. Al termine dell’udienza preliminare il gup ha dichiarato il non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste. Nel corso della discussione è emerso che dal 5 giugno del 2009, giorno di esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare dei fratelli Tormenti, e del sequestro preventivo del 20 maggio, a Giovanni Tormenti era stato precluso ogni accesso ai beni e alla contabilità aziendale di Navigo.it. Sempre nell’ambito della discussione è emerso che la somma era stata restituita pur senza il riconoscimento della relativa debenza. Un recente pronunciamento i della Cassazione ha scritto un nuovo capitolo nella vicenda giudiziaria dei tre fratelli Tormenti (Giovanni, Franco e Marcello) , imprenditori della Navigo.it, ex sponsor del Teramo basket, e già proprietari della Sambenedettese calcio, arrestati nel giugno del 2009 con l’accusa di evasione fiscale e truffa ai danni dello Stato. L’anno scorso i giudici della Suprema corte hanno cancellato la sentenza d’appello, imponendo un nuovo processo a Perugia. A marzo la stessa Cassazione ha accolto il ricorso presentato sul sequestro e sulla confisca dei beni disposto dalla Corte d’appello aquilana annullando un provvedimento perchè fatto senza l’incidente di esecuzione. In primo grado Marcello e Franco Tormenti erano stati condannati a 9 anni, mentre Giovanni Tormenti a 6 anni. In Appello pene ridotte per tutti. I giudici aquilani, infatti, hanno riformato la sentenza del tribunale teramano condannando i tre a 4 anni e 8 mesi e riducendo la confisca da tre a due milioni e 700mila euro. Una sentenza, quella d’appello, che nell’ottobre dell’anno scorso è stata cancellata dopo che la Cassazione ha accolto il ricorso degli imputati rinviando il giudizio alla Corte d’appello di Perugia. (d.p.)
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