Caso Kessler, i gemelli Rosati: «Dietro c’è un aspetto patologico»

Parlano i due fratelli di Corropoli. Gabriele: «A loro è mancata la voglia di cercarsi da sole. Da ragazzo sentivo come se avessi difficoltà a farmi chiamare con il mio nome»
CORROPOLI. «Fin da ragazzi facevano fatica a distinguerci: stesso viso, stesso tono della voce, anche la stessa corporatura. C’è una vicinanza unica, ma a un certo punto devi emanciparti e trovare te stesso, perché altrimenti rischi di perderti». Gabriele Rosati e il gemello Mario hanno 54 anni. Sono originari di Corropoli, sono entrambi docenti. Il cerchio della vita ha voluto addirittura che finissero a insegnare la stessa materia nella stessa scuola. Ma questo è solo l’ultimo capitolo di una storia che li ha visti anche «prendere le dovute distanze» in modo da «costruire una propria identità e ritrovarsi con l’altro ancora più vicini», spiega Gabriele. Per questo, si dice «sorpreso, ma non troppo», della decisione delle Kessler, che però potrebbe nascondere «un aspetto patologico, come se non avessero mai voluto abbandonare il loro rifugio».
Gabriele e Mario, invece, hanno fatto scelte diverse. «Ci differenziavamo per le nostre inclinazioni – io appassionato alle materie umanistiche, lui più allo sport – ma per il resto abbiamo fatto gli stessi percorsi», dice Gabriele, «anche grazie a una famiglia che, su questo, non ci ha aiutati». Il fatto è che quando tutti «vi chiamano gemelli», continua lui, «puoi avere delle difficoltà. Già la crescita è un difficile viaggio di differenziazione rispetto alla sua famiglia, se poi ci aggiungi il peso di doverti liberare dall’ombra dell’altro...». Una verità scomoda, ma autentica, al punto che «avevo difficoltà a farmi chiamare col mio nome». Chiaramente, questa è solo una faccia della medaglia: «Averci l’un l’altro è stata una forza, un’ancora a cui aggrapparsi nei momenti difficili. Ma poi abbiamo capito che la bellezza di questa relazione ci ostacolava nei nostri percorsi, perché stando troppo vicini non riuscivamo a costruire le nostre vite a livello individuale».
Da qui la necessità di allontanarsi per un po’ e di iniziare quel viaggio «verso se stessi» che si compie inevitabilmente in solitaria». Ma questo, spiega ancora Gabriele, non ha lasciato cicatrici sul loro rapporto. Al contrario: «Ci siamo ritrovati come mai prima d’ora. Il nostro rapporto è sempre stato bello, ma mancava la realizzazione delle nostre singole individualità: ora stiamo veramente uno accanto all’altro». Gabriele nelle Kessler vede un rapporto complesso, per comprenderlo bisognerebbe «attraversare la loro vita», ma «forse nel loro rapporto è sempre mancato l’elemento di ricerca individuale, qualcosa che ha degli aspetti patologici».
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