Crac Di Pietro, inflitti 15 anni di carcere

22 Febbraio 2014

Sei anni ciascuno a Curti e Maurizio Di Pietro e tre a Nicolino, confiscate le due società con sede nello studio Tancredi

TERAMO. E’ la verità giudiziaria di un processo di primo grado. Ma la condanna di tre imprenditori teramani per il crac Di Pietro e soprattutto la confisca delle quote delle due società De Immobiliare e Kappa Immobiliare blindano il postulato accusatorio. Perchè se i giudici infliggono sei anni ciascuno agli imprenditori Guido Curti e Maurizio Di Pietro per bancarotta fraudolenta e tre a Nicolino Di Pietro per bancarotta documentale riconoscendo in toto il sistema fraudolento delineato dalla procura, è nella confisca delle quote societarie (chiesta dal pm Irene Scordamaglia) che il tribunale teramano accetta il modus operandi ipotizzato dalla pubblica accusa: un maxi flusso di denaro partito da imprese fatte fallire, spostato all’estero e poi fatto rientrare su conti esteri di società create ad hoc con passaggi a Londra, Lugano e alle Antille.

La De Immobiliare e la Kappa Immobiliare sono controllate al 99 per cento dalle società cipriote Ruclesarn Investments Limited e Dreamport Enterprises Limited: per l’accusa sono state le tappe finali dei soldi provenienti dalle aziende svuotate e poi fatti rientrare in Italia attraverso i conti esteri. Le quote di queste due società, all’epoca dei fatti, avevano sede legale nello studio del commercialista teramano Carmine Tancredi, socio di studio del governatore Gianni Chiodi (del tutto estraneo alla vicenda).

Tancredi, che è stato consulente di Curti e Maurizio Di Pietro, è indagato per concorso in bancarotta in un procedimento connesso. Oltre alla confisca e alla condanna degli imprenditori (Curti e Maurizio Di Pietro sono stati interdetti per sempre dai pubblici uffici, mentre Nicolino Di Piertro per 5 anni), il collegio (presidente Giovanni Spinosa, a latere Carlo Saverio Ferraro e Carla Fazzini) ha riconosciuto il danno alle parti civili di tre delle quattro società fallite da stabilirsi in separata sede, ma con una provvisionale immediatamente esecutiva di 300mila euro per la Sirius e la Dft Grafiche e di 150mila euro per la Lgm Costruzioni (rappresentati dagli avvocati Fabrizio Silvani, Danilo Gimminiani e Alessia Moscardelli). La sentenza è arrivata dopo un’ora di camera di consiglio e 22 udienze: un anno di istruttoria dibattimentale con una pubblica accusa, rappresentata dal pm Scordamaglia, che in aula ha portato testimonianze, consulenze e ricostruzioni per provare (e quindi formare nel dibattimento) le accuse ipotizzate nel corso di due anni di indagini preliminari. Un crac da 20 milioni che nel 2012 portò ad una raffica di arresti con una serie di sequestri di società e quote confermate dal tribunale del Riesame. E nel suo argomentare giuridico il pm, che aveva chiesto 12 anni per Di Pietro 9 per Curti e 3 per Nicolino Di Pietro, ha fatto leva sul nucleo centrale della perizia del suo consulente: Igor Catania, commercialista laziale, consulente dell’accusa nel processo per il Madoff dei Parioli. Il pubblico ministero ha ricostruito la filiera delle società con sedi non solo a Cipro e a Teramo ma anche nelle Antille Olenadesi, dando corpo e volto alla accuse in una complessa ricostruzione di passaggi societari, fallimenti, compravendite, ma anche di sistematiche operazioni di giroconto che, secondo la procura, avrebbero permesso a Maurizio Di Pietro e Curti di prelevare soldi dai conti delle società per depositarli sui loro conti personal. Soldi distratti ( la Corte ha assolto gli imputati da uno di questi capi distrattivi) con la bancarotta che sarebbero stati portati in Svizzera, Inghilterra e Cipro per poi tornare puliti in Italia. Gli avvocati della difesa (Cataldo Mariano perMaurizio Di Pietro, Luca Gentile e Guglielmo Marconi per Curti e Lucio Massignani per Nicolino Di Pietro) aspettano di conoscere le motivazioni (preannunciate tra noventa giorni) e annunciano ricorso in Appello.

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