D’Alberto: «Via dal Pd teramano Ormai è come il centrodestra» 

L’ex capogruppo abbandona insieme ad altri due consiglieri, con loro gli esponenti di Teramo cambia Dimezzata la rappresentanza Dem in consiglio. Sullo sfondo ci sono le prossime elezioni comunali

TERAMO. Via dal Pd «per non fare il gioco di chi vuole sostituire un sistema di potere con un altro». Gianguido D'Alberto fa seguire alle dimissioni da capogruppo in consiglio comunale l'addio al partito di cui tre anni fa è stato il primo degli eletti. Con lui escono le consigliere Ilaria De Sanctis e Francesca Chiara Di Timoteo, dimezzando in un sol colpo la rappresentanza dei Democratici in Comune. Il nome del nuovo gruppo ancora non c'è, l'obiettivo sì: costruire un progetto civico nell'alveo del centrosinistra che scardini la logica di un Pd teramano ridotto a «somma d'individualismi senza più una comunità politica». L'iniziativa raccoglie l'adesione immediata dei consiglieri di "Teramo cambia" Antonio Filipponi e Maria Rita Santone che terranno vivo il loro gruppo consiliare ma contribuiranno a creare l'alternativa in vista delle prossime elezioni comunali. La costruzione del progetto ruota intorno alla candidatura di D'Alberto a sindaco che, tra indiscrezioni e richiami della dirigenza dem all'avallo popolare, è stata sottoposta da lento ma inesorabile stancheggio. «Che si debbano fare le primarie lo sanno anche i muri, non è questo il punto», scandisce il consigliere, «sono pronto a competere con chiunque ma ho subìto una delegittimazione pubblica e costante».
L'ex capogruppo riserva parole al vetriolo per il suo ex partito a livello locale che vede come un'accozzaglia «di uomini e donne l'uno contro l'altro». Dal commissariamento dell'unione comunale alla guerra per la segreteria provinciale, passando per la decisione di non esprimersi sulla collocazione dell'ospedale unico con la campagna elettorale in corso, D'Alberto cita una serie di esempi che descrivono un partito in cui «in cui si vive solo sulle logiche correntizie e per obiettivi materialistici, senza che si parli mai di un progetto politico». Le accuse rivolte soprattutto ai vertici del Pd teramano sono pesanti. «Non sono più in grado di svolgere un'azione politica senza entrare in contraddizione con me stesso», insiste il consigliere, «in un partito che riproduce gli stessi schemi che contestiamo al centrodestra». Prevalgono «la logica di posti e poltrone, i trasversalismi per l'accesso a determinati enti e i particolarismi a danno dell'interesse generale di Teramo». L'intento è chiaro: «La città va liberata da metodi di spartizione del potere che l'hanno massacrata». A chi preconizzava una progressiva uscita di scena di D'Alberto, logorato dalla faida interna al Pd, replica Filipponi. «Nessuno è morto», spiega il capogruppo di "Teramo cambia, «sta nascendo qualcosa di nuovo: siamo qui per offrire un'alternativa seria rivolgendosi alle persone di buona volontà che vogliono cambiare qualcosa». L'invito è rivolto ad associazioni e cittadini che non si sentono rappresentati da «questo Pd» ma anche al partito stesso, nell'auspicio che si ravveda e cambi rotta. I consiglieri ex Pd si sono sentiti abbandonati nel contrasto all'amministrazione di centrodestra. «Ho dato il mio contributo ma non è stato considerato nella giusta misura», spiega Di Timoteo, «non ho mai cercato i complimenti, mi aspettavo però un minimo di attenzione e non essere considerata solo uno strumento per produrre tessere». Ilaria De Sanctis si sente politicamente orfana: «Il partito in cui ho creduto non esiste, è assente sui temi cittadini. I metodi che combattiamo sono anche nel centrosinistra».
Gennaro Della Monica
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