Droga da Scampia alla costa della Val Vibrata: il capo condannato a 20 anni di carcere

Un 56enne napoletano accusato di essere il referente di un maxi traffico di stupefacenti sulla costa teramana e marchigiana. La sentenza di primo grado è stata emessa dal gup del tribunale dell’Aquila Marco Billi al termine del rito abbreviato
TERAMO. La maxi indagine sulla droga della camorra nel Teramano – quella che nel 2018 portò a 11 arresti – ha il primo epilogo giudiziario con la condanna a 20 anni di Umberto Schettino, 55enne napoletano all’epoca dei fatti residente a Corropoli e per l’accusa dominus del traffico. La sentenza di primo grado è stata emessa dal gup del tribunale dell’Aquila Marco Billi al termine del rito abbreviato. All’uomo, all’epoca ritenuto il promotore, è stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione così come richiesto dalla pm della Procura distrettuale Roberta D’Avolio.
Undici gli indagati con 9 abbreviati e altri a giudizio. All’epoca della maxi operazione portata avanti dai carabinieri lo scenario che emerse dalla voluminosa ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip dell’Aquila Guendalina Buccella aveva confermato come ormai da tempo esponenti di clan camorristici avessero scelto il Teramano per gestire grossi traffici di droga con la collaborazione di esponenti della malavita albanese e di alcune grosse famiglie rom. Nell’ordinanza si delineava l’esistenza di un’organizzazione pronta a fare di Alba e Martinsicuro le basi operative di un traffico che ogni settimana poteva contare sull’arrivo di grosse partite di droga da Napoli, così ingenti da riuscire a soddisfare il mercato della costa teramana e marchigiana (in totale i carabinieri avevano sequestrato due chili di cocaina e quattro di hascisc). Complessivamente 44 gli indagati a dimostrare la capillarità di un’associazione in cui, aveva scritto la magistrata, «Umberto Schettino dimorante stabilmente in Corropoli, risulta ricoprire il ruolo di promotore, nonchè colui che mantiene i contatti con i rifornitori dello stupefacente presenti in Napoli e provincia. Egli ricopre il ruolo di sodale all’interno del clan camorristico Contini, attivo e radicato a Napoli, particolarmente dedito al traffico di sostanze stupefacenti». Il processo è stato celebrato all’Aquila dopo che la Cassazione negli anni scorsi si era espressa sulla competenza territoriale in seguito a un ricorso presentato proprio dall’autorità giudiziaria dopo le eccezioni presentate da alcuni difensori.
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