E' malato di cannibalismo: niente carcere

Pugnala dieci volte una donna, al giudice confessa: «L'ho visto in un film dell'orrore»

TERAMO. L'orrore prende forma nelle pagine di una relazione medica stilata in carcere: «soggetto schizofrenico, con dei rilievi di cannibalismo e necrofilia». Per gli psichiatri di Castrogno è il profilo di Luca Michelucci, il 23enne di Pineto che ha confessato di aver pugnalato una donna che stava facendo footing perchè deciso ad ucciderla e a mangiarne i piedi. «I medici dicono che le sue condizioni lo rendono incompatibile con il regime carcerario», puntualizza il difensore Antonino Orsatti. Nelle prossime ore sarà il gip Giovanni de Rensis a decidere se accogliere la richiesta del pm Irene Scordamaglia, che contesta il tentato omicidio premeditato e chiede la custodia in carcere, o quella del legale che punta alla detenzione in una casa di cura e chiede una perizia psichiatrica. Da ieri agli atti c'è anche un'altra confessione del giovane operaio.

Nell'udienza di convalida ha confermato quanto detto ai carabinieri la notte dell'arresto, ripercorrendo con lucidità ogni momento: da quando ha comprato coltelli e seghe a quando ha visto filmati su serial killer ed episodi di cannibalismo. «Da qualche mese pensavo a questa cosa», ha detto nei quaranta minuti d'interrogatorio, «era una pulsione forte perchè me lo chiedevano delle voci e delle persone di cui vedevo le ombre. Io cercavo di controllarmi, ma alla fine non ci sono riuscito. Per questo ho visto dei filmati sull'azione di serial killer e su atti di cannibalismo». E' chiaro, non tradisce nessuna emozione quando il giudice gli chiede: «Lo avrebbe fatto se avesse incontrato un'altra persona?». Michelucci risponde sì, ma precisa il suo racconto dell'orrore: «Volevo una donna bella e di una età compresa tra i 40 e i 50 anni».

E martedì sera ha scelto C.D.T., 43 anni, impiegata. L'ha sorpresa mentre correva nella pineta di Pineto. Prima l'ha colpita in testa, poi ha tentato di strangolarla e infine l'ha pugnalata dieci volte, perforandole un polmone e sfiorandole il cuore. «La colpivo e lei chiedeva aiuto», ha detto, «ma io le dicevo di stare tranquilla perchè chi agiva non ero io. In quel momento nessuno poteva fermarmi». Ha continuato a colpire fino a quando non è arrivata la donna che portava spasso il cane.

A questo punto la fuga con i vestiti sporchi di sangue per la pineta e poi sul lungomare di Silvi. Fino alla stazione dei carabinieri. «Stavo andando a costituirmi», dice ancora al giudice, «perchè so quello che ho fatto e so che deve essere curato». Dopo l'udienza di convalida il giovane chiede all'avvocato come sta la donna (l'impiegata è in rianimazione, ma le sue condizioni migliorano), poi torna in cella. Resta sorvegliato 24 ore su 24.

© RIPRODUZIONE RISERVATA