Gerardini: «Per salvare la costa bisogna trovare 150 milioni» 

L’ex dirigente regionale sul piano di difesa del litorale: «Non si deve intervenire solo sui punti “caldi” ma ragionare in ottica di sistema. Bisogna fare presto, il livello dell’Adriatico continuerà a salire»

TERAMO. Le mareggiate sono tornate a devastare i tratti del litorale teramano più colpiti dall’erosione e sul tema, di stringente attualità, interviene con una nota Franco Gerardini, ex dirigente del Servizio Opere Marittime e Acque Marine della Regione, andato in pensione lo scorso 19 novembre subito dopo aver licenziato il nuovo Piano regionale di difesa della costa. Uno strumento che, fa capire Gerardini, potrà essere fondamentale per arrestare il fenomeno, ma solo a certe condizioni. Su tutte quella che le istituzioni accelerino la programmazione, che richiede somme molto importanti.
«Intervengo», scrive Gerardini al Centro, «nell’auspicio che siano valutate con attenzione alcune problematiche riferite all’adozione del nuovo Piano regionale di Difesa della costa. Un lavoro complesso compiuto, a distanza di circa vent’anni dal precedente (2001-2002), con il qualificato supporto tecnico-scientifico dell’Università dell’Aquila a seguito della preventiva Analisi di rischio delle aree vulnerabili della fascia costiera (Ricerca An.Co.Ra.). Appunto, “aree vulnerabili”. Quali saranno gli impatti del cambiamento climatico in atto sulle coste dell’Abruzzo? Quali i rischi attuali e futuri, affrontati ormai da tempo in diversi studi scientifici e progetti europei e di cooperazione trasfrontaliera? L’area costiera dell’Adriatico è minacciata dai cambiamenti climatici. La temperatura dell’Alto e Medio Adriatico è cresciuta di 1,1°, partendo dal 1946 sino ai giorni nostri. Gli ultimi dati indicano un aumento continuo della temperatura delle acque, un elemento tutt’altro che rassicurante, dicono gli esperti. Un fenomeno che incide pesantemente sulla dinamica dei venti e sulla fauna marina. Tutti rammentiamo gli eventi estremi che recentemente hanno interessato il litorale regionale il 12-13 novembre 2019. Non si è trattato di mareggiata intensa, bensì di un evento di alta marea meteorologica eccezionale che ha interessato tutto il bacino Adriatico e che è salita alla ribalta della cronaca per l’intensità dell’acqua alta verificatasi a Venezia. Le previsioni più conservative ipotizzano un aumento del livello del mare Adriatico, entro la fine del secolo, di +30 cm, le più pessimistiche di +150-200 cm».
Di fronte a questo scenario, continua l’ex dirigente regionale, «un primo imperativo è che sono necessarie e urgenti “azioni di adattamento”, che non riguardano la sola fascia costiera adibita alle attività turistico-balneari, certamente le più esposte; non si tratta cioè di contrastare solo l’erosione costiera nei punti “caldi” (dal termine anglosassone “erosional hot spots”), o limitare il campo di azione di una gestione della fascia costiera localmente. Il Piano prevede una serie di interventi secondo una visione di “unità fisiografiche”, l’inevitabile realizzazione di nuove opere rigide di difesa dall’erosione, potenziare o rivalutare quelle esistenti, accanto alla necessaria alimentazione artificiale del sistema costiero attraverso ripascimenti e ripristini sabbiosi, e per questo il Piano prevede nuovi giacimenti e fonti di prelievo delle sabbie al largo della costa regionale».
Non basta. «Insieme a tutto ciò», continua Gerardini, «si tratta altresì di gestire un complesso sistema che coinvolge il naturale evolversi delle spiagge e le attività economiche, che investono anche le opere portuali e le strutture di arginatura a difesa dall’ingressione marina, riattivare il trasporto solido fluviale, attraverso una più efficace azione di pulizia degli argini, di manutenzione degli alvei e del riassetto delle opere idrauliche di regimazione. Ma la sfida più importante è quella di “adattare” i piani territoriali urbanistico-paesaggistici dei Comuni, che permettano di aumentare la resilienza delle aree costiere e meglio contrastare i cambiamenti climatici».
La conclusione è un appello: «Su queste problematiche è necessaria una forte accelerazione da parte di tutte le istituzioni coinvolte, in cui la Regione occupa un ruolo primario e il nuovo Piano di Difesa della Costa rappresenta un indispensabile punto di riferimento. Attenzione però, vi è la necessità di attuare una programmazione seria e non sbandierata, ovvero reperire concrete ed adeguate risorse economiche (il piano stima circa 150 milioni di euro), altrimenti sarà solo un documento, un “libro dei sogni”, e in questo caso di sogni non se ne sente proprio il bisogno».(d.v.)
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