Luciano D'Amico, rettore dell'università di Teramo

TERAMO

Giudice incompatibile, slitta il processo a Luciano D'Amico

Rinviata davanti a un nuovo collegio l'udienza che vede imputato Il rettore dell'università per peculato e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

TERAMO. Si è aperto ed è subito stato rinviato a maggio, davanti a un altro collegio, per l'incompatibilità di uno dei giudici, il processo che vede imputato il rettore dell'università di Teramo, Luciano D'Amico, accusato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Sul tavolo, titolare del fascicolo il pm Davide Rosati, oltre 57mila euro che il rettore, secondo l'accusa, avrebbe percepito indebitamente tra agosto 2014 e febbraio 2017. Avendo assunto l'incarico all'Arpa (e successivamente alla Tua), secondo la procura, avrebbe infatti smesso di svolgere l'attività di docente a tempo pieno, requisito che la legge prevede come necessario per poter ricoprire la carica di rettore. La Procura gli contesta di aver omesso di dare formale comunicazione all'ateneo di aver svolto le attività di «minor impegno professionale previste per il docente a tempi definito» percependo così indebitamente l'indennità connessa alla carica di rettore. A D'Amico viene inoltre contestato anche il peculato per la consegna, nell'ambito della cerimonia «Welcome Matricole» del novembre 2013, di 10 tablet di proprietà dell'università, a titolo di riconoscimento, al personale tecnico di supporto all'intervento degli artisti Ficarra e Picone. A processo, insieme a D'Amico, il professor Mauro Mattioli, che deve difendersi per un episodio di peculato in concorso con il rettore, e il preside di Scienze della comunicazione Stefano Traini al quale viene contestato l'abuso d'ufficio. Secondo l'accusa, Mattioli, nel 2013 ,in qualità di direttore generale della fondazione dell'ateneo, quindi in un periodo in cui risultava in aspettativa, avrebbe richiesto con due diverse relazioni a sua firma l'indennità di risultato prevista quale docente ordinario a tempo pieno della facoltà di Medicina Veterinaria. Indennità che non gli sarebbe spettata e che gli sarebbe stata erogata in virtù del visto autorizzativo apposto dal rettore, con procedimento «irrituale e non conforme». A Traini, invece, viene contestato nella sua veste di preside della facoltà di Scienze della comunicazione, di aver indebitamente permesso a D'Amico, con un parere positivo e con il successivo nulla osta, di assumere l'incarico retribuito come presidente dell'Arpa, procurandogli un ingiusto vantaggio patrimoniale.