Hanno il reddito di cittadinanza ma sono agli arresti domiciliari

Indagati tre teramani: hanno dichiarato di essere disoccupati ma non hanno segnalato la detenzione Con le nuove disposizioni rischiano condanne da due a sei anni, le indennità sono state sospese
TERAMO. Hanno dichiarato di essere disoccupati per usufruire del reddito di cittadinanza percepito per mesi. Omettendo un piccolo particolare: non potevano lavorare perché agli arresti domiciliari. Condizione, quest’ultima, che non consente di ottenere il reddito di cittadinanza. Così in tre, tutti teramani, sono indagati in un’inchiesta aperta dal pm Davide Rosati che ha da poco firmato l’avviso di conclusione delle indagini. È un’altra storia che arriva dai fascicoli giudiziari quella che racconta l’immagine di un Paese in cui tutto è sempre possibile fino a quando non scatta l’inchiesta a definire l’illecito.
L’ipotesi di reato contestata, prevista inizialmente come truffa e poi come indebita percezionedi erogazioni pubbliche, è stata meglio definita nel decreto legge del 28 gennaio 2019 coordinato con la legge di conversione del 28 marzo dello stesso anno riguardante proprio le disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni che all’articolo 7 stabilisce: «Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, alfine di ottenere indebitamente il beneficio rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni». E ancora: «L’omessa comunicazione delle variazioni di reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonchè di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini, è punita con la reclusione da uno a tre anni». Normative a definire i confini dell’illecito e del penalmente rilevante visto l’aumentare delle irregolarità. Ai tre, nel frattempo, l’indennità è stata sospesa.
A livello nazionale la guardia di finanza – che dispone di un apposito nucleo per il controllo della spesa pubblica – stima che i livelli di frode arrivino quasi al 70% dei casi sottoposti a controlli di base. Il metodo investigativo è l’indicatore Isee e la relativa Dsu (dichiarazione sostitutiva unica), cioè i punti di accesso al beneficio del reddito di cittadinanza che viene erogato o meno in base a questi indicatori. In questo modo le forze dell’ordine hanno trovato false dichiarazioni rese in autodichiarazione che hanno consentito a molti di percepire illecitamente gli assegni. Le informazioni false eventualmente dichiarate non emergono dalle verifiche automatiche e possono essere scoperte soltanto da una capillare azione di monitoraggio.
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