I carabinieri: sotto il Gran Sasso c’è un condominio impossibile 

Il comandante del Noe in aula: «La convivenza tra acquifero, laboratori e gallerie è complicata Dovrebbe essere tutto impermeabile, ma i lavori fatti dall’ex commissario Balducci sono incompleti»

TERAMO. A due anni dalla prima udienza, il processo sull'acqua del Gran Sasso – che vede imputati i vertici di Istituto di fisica nucleare e Strada dei Parchi e gli ex vertici della Ruzzo Reti – entra nella fase dibattimentale. Ieri, dopo il rigetto da parte del giudice Domenico Canosa di tutte le eccezioni sollevate dalle difese degli imputati, si è svolta infatti l'audizione del primo teste citato dalla Procura, il comandante del Noe di Pescara Antonio Spoletini, che relazionando sulle attività svolte dal nucleo ecologico dei carabinieri durante le indagini ha parlato del sistema Gran Sasso come di «un condominio impossibile», dove la convivenza tra acquifero e strutture antropiche quali laboratori, gallerie autostradali e acquedotto «è particolarmente complicata».
LE CRITICITÀ. «Il Gran Sasso è come una spugna», ha detto Spoletini, «l'acquifero non sta sotto, sta ovunque. Qualsiasi attività è potenzialmente foriera di influenze negative». Nel corso della sua audizione Spoletini ha evidenziato tutta una serie di criticità che sarebbero emerse dalle indagini, e che avrebbero permesso di accertare quelle che per la Procura sono interferenze – tra i laboratori, le gallerie autostradali e il sistema di condutture delle acque – tali da creare un costante stato di pericolo di inquinamento. Spoletini ha parlato di una «carenza nella conoscenza del reale stato dei luoghi» da parte degli stessi enti interessati, di «differenze tra lo stato dei luoghi e delle planimetrie» analizzate, di un badile e di una bomboletta spray rinvenuti in un'opera di captazione attraverso le videoispezioni. «Dagli accertamenti abbiamo capito che essendo le infrastrutture antropiche immerse nell'acquifero», ha continuato il comandante del Noe, «bisogna far sì che sia tutto impermeabile e a tenuta, così come peraltro diceva anche l'ex commissario Balducci nella sua relazione introduttiva ai lavori». Il riferimento è ai lavori di messa in sicurezza disposti dopo lo sversamento di 19 anni fa (il caso Borexino) dall’allora commissario straordinario Angelo Balducci. «Peccato sia rimasto solo nelle intenzioni», ha aggiuntoSpoletini, «perché l'approfondimento delle indagini ci dice che non risultano progettati interventi volti alla perfetta impermeabilizzazione pavimentale. Faccio un esempio. Nella sala A dei laboratori è installato l'esperimento Lvd praticamente da quando hanno scavato i laboratori e ovviamente finché non sarà spostato non sarà possibile la perfetta impermeabilizzazione di quella porzione di laboratori. Il commissario Balducci impermeabilizzò e trattò quello che era disponibile e possibile in quel momento lì». Spoletini, tra le varie criticità, ha evidenziato anche quella relativa alla messa a scarico delle acque. «Abbiamo valutato che c'è una remota possibilità che eventuali acque contaminate scaricate dal sistema idrografico finiscano nell'acqua che poi viene captata per alimentare il potabilizzatore», ha detto, «a particolari condizioni potrebbe accadere».
IL WWF. Dopo l'audizione di Spoletini il processo è stato aggiornato al prossimo 8 novembre, per il controesame del teste e l'audizione di ulteriori testi. «Finalmente, a oltre due anni dalla prima udienza, dopo una serie infinita di rinvii, oggi si è aperta la fase dibattimentale del processo sull’incidente del maggio 2017 che provocò il divieto del consumo a scopo potabile dell’acqua del Gran Sasso in gran parte della provincia di Teramo», ha commentato il vice presidente del Wwf Italia Dante Caserta, «l’avvio della fase dibattimentale è un passaggio importante. Continua ad esserci il rischio della prescrizione a causa dei tanti ritardi accumulati, ma almeno si inizia il lavoro di ricostruzione della verità su una vicenda che si trascina da anni».
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