Il buco del crac Di Pietro sale a 18 milioni di euro

20 Giugno 2012

La procura quantifica le somme della bancarotta, lunedì sarà risentito Curti si va verso la richiesta di giudizio immediato per i tre imprenditori arrestati

TERAMO. Un crac milionario con decine di assegni che oggi, dopo mesi di indagini, la procura è in grado di tracciare in ogni movimento. Un lavoro certosino che consente al procuratore Gabriele Ferretti e al pm Irene Scordamaglia di quantificare in 18 milioni i numeri della bancarotta che ha portato in carcere i fratelli Maurizio e Nicolino Di Pietro e Guido Curti.

Per i tre imprenditori si profila la richiesta di giudizio immediato, mentre la posizione degli altri quattro indagati sarà stralciata e definita con altri procedimenti. Intanto lunedì e martedì i tre, così come già annunciato dalla procura, saranno risentiti. «Un atto di garanzia» ripetono a palazzo di giustizia.

Si comincia lunedì con Guido Curti e poi si prosegue con Maurizio Di Pietro, entrambi ai domiciliari per motivi di salute dopo quattro mesi di carcere. Una esigenza nata per fare chiarezza su nuovi elementi emersi nel corso degli ultimi mesi di indagini. Si tratta in particolare di questioni riguardanti lo svuotamento di alcune delle società coinvolte e che potrebbero portare ad integrare i capi d’imputazione già contestati e tutti riguardanti la bancarotta. Nuove accuse, dunque, che non riguardano persone diverse da quelle già coinvolte nell’inchiesta.

Un’inchiesta che ha portato al sequestro disposto, dal gip Marina Tommolini, di due società che avevano sede legale nello studio del presidente della giunta regionale Gianni Chiodi e del suo socio, il commercialista Carmine Tancredi. Si tratta della Kappa Immobiliare e della De Immobiliare Srl, società controllate al 99% da sodalizi ciprioti e che per l’accusa sono le tappe finali dei soldi provenienti dai fallimenti delle società e fatti rientrare in Italia dopo un giro su vari conti esteri.

E proprio nei giorni scorsi dal regno Unito è arrivato l’ok alla rogatoria chiesta dalla procura teramana per conoscere i conti aperti in alcune banche di Londra.

I tempi, però, si annunciano lunghi: molto probabilmente i documenti non giungeranno prima di novembre. Serviranno a ricostruire complessi movimenti di denaro. Soldi che, secondo l’accusa, provenivano dal fallimento di imprese svuotate di tutti i loro beni e fatti transitare su conti esteri. E’ la seconda rogatoria internazionale chiesta ed ottenuta per il crac da 15 milioni. La prima, quella dalla Svizzera, è arrivata a marzo e ha confermato quello che i magistrati si aspettavano: i conti trovati nella banca di Lugano sono intestati esclusivamente agli imprenditori Maurizio Di Pietro e Guido Curti.

Tra il 2009 e il 2010 su quei conti è stato movimentato un milione e 197mila euro e non risultano esserci stati altri movimenti che quelli riconducibili a Curti e Di Pietro. I documenti arrivati dalla Svizzera, infatti, hanno accertato che non ci sono state operazioni fatte da terze persone. E’ ipotizzabile che i documenti che arriveranno da Regno Unito serviranno alla procura per illuminare le tante zone d’ombra emerse in questa prima indagine destinata ad essere chiusa con l’immediato. Successivamente saranno aperti altri fascicoli.

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