Il giudice lo riassume l’azienda lo paga ma lo lascia a casa

11 Novembre 2013

Alla Carbotech di Martinsicuro esplode il caso di un operaio I legali del lavoratore: la Fiat fa scuola, ancora diritti violati

TERAMO. Per rientrare in fabbrica i tre operai di Melfi – delegati Fiom licenziati dalla Fiat nel 2010 – hanno dovuto aspettare il pronunciamento della Cassazione. Probabilmente la stessa cosa dovranno fare i cinque della Sevel di Atessa. Non saranno soli. Perchè anche la Carbotech di Martinsicuro, azienda che produce spazzole per motori elettrici e al centro di una recente vertenza con i sindacati, decide di lasciare a casa l’operaio licenziato e reintegrato dal giudice. Sarà regolarmente pagato, ma per ora in fabbrica non rientra. In questi tempi di drammatica crisi dell’occupazione tutto diventa maledettamente più difficile e l’intero diritto del lavoro, come strumento volto a garantire l’equilibrio tra potere imprenditoriale e potere dei lavoratori, sembra dissolversi.

Restano le parole del carteggio tra i legali dell’ azienda e quelli del lavoratore a disegnare i confini dell’ ennesima storia di un’Italia sempre più ai margini. Così l’avvocato Valerio Speziale, per conto dell’azienda, scrive ai due legali dell’operaio: «in attesa che venga esaminata la legittimità del provvedimento giudiziale e deciso il comportamento da seguire, la datrice di lavoro ritiene opportuno ricostituire il rapporto di lavoro con la riapertura della posizione previdenziale, assistenziale ed infortunistica e con la sua reiscrizione nel libro unico ed il compimento di tutte le formalità amministrative connesse al rispristino del rapporto di lavoro. Tuttavia la società non intende al momento utilizzare le prestazioni lavorative dell’operaio. Pertanto il lavoratore non dovrà per adesso svolgere alcuna attività. Ovviamente la società provvederà al pagamento della normale retribuzione per tutto il tempo in cui egli rimarrà a disposizione della Carbotech».

Gridano allo scandalo gli avvocati Francesco Antonini e Sigmar Frattarelli: «l’arroganza dell’azienda nel confermare la natura assolutamente vessatoria e pretestuosa del licenziamento intimato e ritenuto illegittimo dal giudice e nel reiterare la vessazione impedendo al lavoratore di riprendere il servizio nonostante l’esito vittorioso del giudizio, lede gravemente la dignità del lavoratore e il suo diritto a svolgere la propria attività lavorativa che è un diritto garantito dalla Costituzione, la quale nel riconoscere la necessità di una retribuzione adeguata, tutela in primis il diritto del lavoro ed il diritto alla sua esecuzione, essendo considerato il lavoro come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun ciattadino. Di talchè, come ha avuto modo di sancire la suprema corte di Cassazione, a carico del datore di lavoro grava l’obbligo di adibire il dipendente al lavoro. In caso contrario la sua è una condotta illecita che viola la Costituzione ed i diritti del lavoratore». Il caso di Martinsicuro scoppia a gennaio quando uno dei 60 operai, da dieci anni alle dipendenze della Carbotech, viene licenziato dall’azienda che gli contesta una omissione nel funzionamento delle presse e del forno a cui era addetto durante il turno di notte. L’operaio ricorre al tribunale contestando il provvedimento. Il 30 ottobre scorso il giudice del lavoro di Teramo Giuseppe Marcheggiani accoglie il ricorso e scrive che «non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo e della giusta causa addotti dal datore di lavoro per insussistenza del fatto contestato ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi dei codici disciplinari applicabili e per questo annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione».

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