Il tessile non riparte, allarme del sindacato
Il settore dà segni di ripresa ovunque, ma non in provincia di Teramo
TERAMO. Il settore tessile-abbigliamento sta riprendendo quota in tutt’Italia, da Prato al Nord-est. Ma non a Teramo. Le aziende continuano a chiudere o quantomeno a ridurre gli organici. La Filtea Cgil è alquanto preoccupata dell’incapacità del sistema locale ad agganciare la ripresa, tanto da commissionare uno studio sul sistema produttivo del settore. «La ripresa è diffusa», esordisce Giovanni Timoteo, segretario della Filtea Cgil, «ma non nel Teramano. Si continua a licenziare, sia nelle aziende piccole che in quelle grandi». Timoteo cita la Zucchi di Notaresco, dove si è chiusa una procedura di mobilità per 15 persone, per fortuna in base a criteri di volontarietà. «L’azienda ha ulteriormente perso commesse», dichiara Timoteo, «per la chiusura di fabbriche a cui destinare la tela. C’è una riduzione dei volumi produttivi e dello sfruttamento degli impianti. Primo il lavoro era organizzato a ciclo continuo, anche di domenica, ora non più. La storica aspirazione a riposarsi di domenica ora ha un sapore amaro: non è la conquista di un diritto, ma una sconfitta».
Il sindacalista parla di un accenno di ripresa, ma solo per le «imprese che hanno fatto investimenti e che si sono internazionalizzate o che operano nella commercializzazione diretta». Timidi segnali positivi anche per il façon di qualità. Ma la maggior parte delle aziende resta al palo. «Il problema del Teramano è che abbiamo un’imprenditoria frammentata, che non ha gli strumenti per riqualificarsi e proporsi come partner credibile. Da qui il processo di marginalizzazione delle imprese, che dunque continuano a ricorrere a mobilità e licenziamenti». Il sindacalista fa anche degli esempi: procedura di mobilità per 20 operai per cessazione di attività alla Delma di Villa Tofo e una quindicina alla Martelli di Ancarano per riorganizzazione interna. «E poi una moria di piccolissime aziende, almeno una quindina nell’ultimo periodo per almeno una 70 di operai rimasti senza lavoro, che per fortuna hanno usufruito dell’accordo per le piccole aziende del Tac», aggiunge Timoteo. «Non in questi anni abbiamo continuato a svolgere un ruolo nella rappresentazione della crisi e dei suoi effetti, ma verifichiamo che c’è un’assenza totale di iniziative, sia delle istituzioni economiche che politiche, in grado di mettere riparo a questa grave situazione, anche con progetti per recuperare competitività e occupazione. Noi siamo convinti che il tessile-abbigliamento non sia un settore maturo, in provincia conta ancora più di diecimila occupati, e i dati della ripresa nazionale lo testimoniano. I posti di lavoro possono essere consolidati, anzi si può recuperare la parte che si è persa».
Il sindacato ha deciso di fare la propria parte «con uno studio, che sarà pronto dopo l’estate, che si propone di individuare strumenti adatti per il rilancio». Timoteo chiede dunque maggiore attenzione delle istituzioni. Un disinteresse tangibile, ad esempio, nel caso delle Industrie Tessili Valfino di Castilenti. «Il 18 aprile avemmo un incontro al ministero delle Attività produttive, che venne rimandato per motivi tecnici, ma poi non abbiamo avuto più notizie. La prima responsabilità è del ministero, che non dà seguito agli impegni. Ma anche Regione e Provincia devono recuperare immediatamente terreno operativo, partendo dalla fissazione di un nuovo incontro. Siamo fortemente preoccupati, a settembre scadrà la cassa integrazione straordinaria per i circa 200 dipendenti».