L’Hatria non riparte, picchetti e scioperi

Lavoratori preoccupati perché slitta la ripresa della produzione, prevista per il 15. Incerta anche la vendita ai francesi

TERAMO. Picchetto davanti all’Hatria e sciopero nell’unico reparto rimasto in funzione, il magazzino. L’assemblea dei circa 200 lavoratori ha deciso una serie di iniziative di protesta, che si terranno da lunedì, dopo il nulla di fatto dell’incontro con l’azienda, che si è tenuto ieri nella sede di Confindustria.

Cgil e Cisl hanno chiesto l’incontro in quanto secondo gli accordi la produzione, ferma ormai da mesi, sarebbe dovuta ripartire il 15 gennaio. Alla riunione - durante la quale si è svolto un presidio dei lavoratori, che sono in cassa integrazione straordinaria dal luglio scorso - hanno partecipato oltre ai sindacalisti Luca Gatti dirigente Marazzi e Luca Scipioni, capo del personale dell’Hatria.

I due dirigenti hanno annunciato che la produzione rimarrà ferma. E, a parte questo, non hanno dato nessun dettaglio sull’andamento delle trattative per la vendita a un gruppo francese. Hanno solo annunciato che a metà della prossima settimana arriveranno a Teramo con i possibili acquirenti. La vaghezza delle risposte ha allarmato i sindacati e il personale: nell’assemblea che si è tenuta a seguire hanno deciso di indire lo stato di agitazione e lo sciopero, in attesa dell’incontro che dovrebbe svolgersi con i francesi. «L’incontro è stato deludente», osserva Bernardo Testa della Filctem Cgil, «l'azienda non sta rispettando gli accordi firmati al ministero, visto che si prevedeva ripresa del lavoro il 15 gennaio. La cosa è irritante anche per il prolungamento del fermo ci è stato comunicato solo il 10».

«Questa vertenza è iniziata nel momento in cui la Marazzi è stata venduta alla società americana», afferma Serafino Masci della Femca Cisl, «che ha creato un gruppo mondiale leader nel settore piastrelle mentre l’Hatria è l’unica azienda del gruppo che produce sanitari. Prima c’era un progetto industriale per rilanciarla, poi l’idea di venderla. Ora non ci dicono che succede, c’è un balletto posizioni non chiare. E' in atto un'operazione un po' maldestra: temiamo che si metta in piedi percorso che non prevede come primo obiettivo la vendita. Ma non riusciamo ad avere le informazioni minime». Masci critica il fermo produttivo: «significa perdita di quote di mercato e difficoltà di riavvio dell’attività. Rende evidente pressappochismo e l’attenzione assolutamente secondaria da parte dell'azienda». Perplessità suscita anche il fatto, secondo Testa, «che l’azienda continui a proporre ai lavoratori un esodo incentivato con 40mila euro lordi. E' contraddittorio e certifica che non ci stanno dicendo tutto. Finora hanno accettato 23 operai, se si raggiungono i 40 come da obiettivo dichiarato l’azienda avrà pagato un milione e mezzo di incentivi. Una somma notevole ma finalizzata a quale piano industriale, e di chi?». (a.f.)

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