L’Hatria risorge, ripresa la produzione

Ieri sono tornati al lavoro 160 dei 167 operai dello stabilimento: in arrivo nuove linee di sanitari per conquistare i mercati

TERAMO. L’Hatria torna a vivere. Ieri è ripresa l’attività nella fabbrica chiusa dal luglio scorso. La nuova proprietà ha tenuto fede al ruolino di marcia stabilito con i sindacati subito dopo l’acquisto, avvenuto il 22 gennaio. Un passaggio di consegne, quello fra la Marazzi e la Cobe Capital, un fondo di investimento americano, che ha preoccupato non poco i 200 lavoratori, che per giorni hanno presidiato l’azienda con un picchetto, fino alla firma del contratto.

Ma da ieri l’Hatria ha ripreso a produrre. Per ora dei 167 operai, ne sono stati richiamati al lavoro 160. Originariamente l’azienda aveva previsto di riavviare l’attività con 152 unità, ma poi dopo una trattativa sindacale il numero è salito a 160. Per i lavoratori rimasti in cassa integrazione straordinaria sarà applicata la rotazione. Tutto questo fino a luglio, quando c’è all’orizzonte un ricorso al contratto di solidarietà e quindi anche coloro che sono rimasti fuori potrebbero essere inseriti nel ricorso al nuovo ammortizzatore sociale.

Fra le questioni in sospeso, il fatto che la Marazzi, prima del passaggio di consegne, ha disdetto l’integrativo, passaggio contestato dalla Filctem Cgil e dalla Femca Cisl in quanto non è stato fatto entro i termini, cioè il 31 dicembre 2013. I sindacati ritengono l’integrativo automaticamente rinnovato.

«Ad oggi la situazione sembra positiva, l’azienda sta rispettando i tempi degli impegni presi. Certo, la tranquillità ce la darà solo la visione totale della riorganizzazione che si sta mettendo in atto», osserva Bernardo Testa della Filctem Cgil. Il piano industriale consta di diversi punti, ad esempio un diverso utilizzo dello stabilimento: l’azienda ha deciso di utilizzare l’ala con gli impianti nuovi, tralasciando quella con i macchinari ormai sorpassati. Per quanto riguarda la produzione, accanto a quelle consuete, c’è una nuova linea di sanitari che sta per essere lanciata, si chiama “Abito” mentre fra qualche mese sarà lanciata “Fiabe”. L’Hatria punta anche sul mercato dei piatti doccia, che è quasi un’esclusiva dei produttori italiani, per cui c’è un fabbisogno di 400mila pezzi all'anno. In generale punta su una diversificazione nel mercato dei sanitari: accanto alla fascia medio-alta l’azienda sarà presente anche con una produzione più economica. Per la parte commerciale, sarà avviata una nuova politica fatta di servizi al cliente e rimodulazione dei prezzi (al riguardo sono in corso ricerche di mercato per dare il giusto prezzo agli articoli). «Non abbiamo ancora un quadro esaustivo del progetto industriale», osserva Serafino Masci della Femca Cisl, «lo dobbiamo definire ulteriormente. E’ positivo il riavvio dello stabilimento, che era una cosa non scontata. Il riavvio di un'azienda complessa come l’Hatria dopo un periodo di fermo produttivo di 7 mesi non è facile. Gli altri elementi li verificheremo col tempo. Rispetto alla Marazzi, che aveva da tempo deciso di dismettere lo stabilimento, adesso almeno ci confrontiamo con un imprenditore che ha un progetto industriale».

A gestire l’operazione di acquisizione dalla Marazzi è stato Thomas Kermongant, il manager della sede di Parigi del Cobe Capital, responsabile delle attività del fondo nell’Europa del Sud e nel Regno Unito, che pare abbia voluto acquistare l’Hatria in quanto una delle pochissime fabbriche nell’Europa occidentale ancora in grado di produrre sanitari di alta qualità.

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