Martino ucciso e gettato nel lago. L’appello della mamma e dei fratelli: «Vogliamo giustizia»

Corropoli, l’omicidio Caldarelli un mese dopo. I familiari: “Era un uomo buono, sempre pronto a fare del bene. Nessuno dimentichi la brutalità di quello che è successo”
TERAMO. «Giustizia per il nostro Martino, nessuno dimentichi quello che è successo»: le parole si muovono tra le ferite perché da un momento in poi l’esistenza vira, cambia la percezione delle cose. Soprattutto quando è la violenza dirompente di un omicidio a dare la consapevolezza che nulla sarà più come prima. Un mese dopo il massacro di Corropoli, i familiari di Martino Caldarelli, il 48enne dj di Isola del Gran Sasso ucciso e gettato in un lago da una coppia di conviventi dopo essere stato adescato sui social, mettono insieme dolore e memoria. Con grande rispetto per tutti, ma con la forza determinata di chi sa che non ci può essere pace senza giustizia.
I cinque fratelli e la madre, assistiti dall’avvocato Maurizio Cacaci, attendono che le indagini si concludano e che il procedimento penale metta un primo punto fermo in una vicenda con un finale senza ritorno. «La giustizia faccia il suo corso», dicono i familiari, «ma nessuno dimentichi quello che è avvenuto, la brutalità dei fatti. Martino era un uomo buono, sempre pronto a fare del bene, con una vita tutta da vivere. Amava la musica, amava la sua famiglia, aveva tutta una vita davanti».
Perché il dolore è materia delicata e ci sono molti modi di raccontarlo. Anche passando dai ringraziamenti agli investigatori, alla sensibilità e alla professionalità di chi ha trovato sempre le parole giuste. Anche per comunicare l’indicibile. Perché ci sono parole e gesti che resteranno per sempre. Per questo i familiari di Caldarelli vogliono ringraziare i carabinieri, in particolare quelli del nucleo investigativo di Teramo. «I carabinieri non hanno lasciato niente al caso», dicono i fratelli, «si sono mossi con grande celerità, professionalità per scoprire la tremenda verità, ma anche con grande sensibilità nei confronti di noi familiari. E per questo non smetteremo mai di ringraziarli. Così come vogliamo ringraziare il sindaco di Isola Andrea Ianni per la vicinanza dimostrata insieme a tutta la comunità e il rettore del santuario di San Gabriele Raffaele De Fulvio che ha messo a disposizione la basilica per l’ultimo saluto al nostro caro Martino».
Gli accertamenti dei carabinieri partiti dalla scomparsa di Caldarelli da subito hanno seguito una direzione precisa. A cominciare dalla traccia lasciata dal suo cellulare: quel giorno ai familiari aveva detto che sarebbe andato in palestra a Val Vomano ma l’apparecchio è stato agganciato da un cella in Val Vibrata, esattamente tra Corropoli, Nereto e Sant’Omero. Ed è qui, nell’abitazione di Corropoli che è scattata la trappola di Andrea Cardelli e Alessia Di Pancrazio, i due conviventi in carcere con l’accusa di omicidio. La vittima e la donna in passato si erano conosciuti sempre sui social e da qualche tempo erano ripresi i contatti in particolare su Instagram e Messenger così come hanno ricostruito i carabinieri nelle indagini. Quando venerdì 11 aprile Caldarelli è andato da lei dopo un appuntamento fissato tramite chat, è stato aggredito dai due che lo hanno ucciso a coltellate, colpito con una pala sulla testa e gettato il corpo in un laghetto vicino casa. Poi hanno riverniciato di nero la sua auto e l’hanno bruciata. ©RIPRODUZIONE RISERVATA