Parolisi: "Fatemi vedere mia figlia"

11 Novembre 2011

Accusato del delitto di Melania lancia un appello dal carcere al Centro

TERAMO. E' un padre in carcere che non vede sua figlia da 133 giorni. Salvatore Parolisi, l'uomo accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea con 35 coltellate, affida al Centro il suo accorato appello per rivedere la bimba che qualche settimana fa ha compiuto due anni. E' un papà disperato quello che nella sala colloqui del carcere incontra gli avvocati Nicodemo Gentile e Federica Benguardato: «Non faccio contese su di lei, ma la voglio». Determinato nel voler dimostrare la sua innocenza, non nasconde amarezza e sconforto quando rivela di «essere stato condannato in anticipo perchè il 10 maggio, quando ero solo parte lesa, già parlavano di rivolgersi ai servizi sociali per la bimba».

E a due settimane dal verdetto della Cassazione, che il 28 novembre deciderà sulla scarcerazione di Parolisi, le indagini sul delitto di Ripe premono sull'acceleratore. I magistrati teramani sembrano intenzionati a sentire nuovamente la mamma di Melania per meglio precisare alcune circostanze e dai consulenti dell'accusa arriva una prima conferma sul cellulare della vittima: il 18 aprile quell'apparecchio non avrebbe mai agganciato la cella di Colle San Marco. Il che, per la procura, significa che Melania non è mai stata sul pianoro ascolano e che Parolisi ha mentito.

PAROLISI PARLA. «Su mia figlia io ho fatto un passo indietro perchè ritengo che debba stare con i nonni», dice Parolisi ai suoi avvocati, «ma non capisco perchè io non la posso vedere. Chi ha deciso che non deve vedermi? E chi ha stabilito che io non le manchi? Mia figlia sta bene senza vedere il padre? Io credo no». Il caporal maggiore ha ottenuto dal giudice la possibilità di sentire telefonicamente la bambina. Lo fa una volta a settimana. Ma non basta. E' poco per un padre che da 133 giorni non vede la figlia. «E' molto amareggiato per questo», dice l'avvocato Gentile (difensore insieme a Benguardato e Walter Biscotti) , «sul suo caso è fortemente reattivo, aspetta con ansia la Cassazione ed ha molta fiducia nei giudici perchè sa che riuscirà a dimostrare la sua innocenza. Ma è in difficoltà quando parla della figlia. Nella sala colloqui del carcere vede che altri genitori incontrano i figli piccoli. Non riesce a capire perchè lui non può farlo. Oggi, che ha letto le carte, è molto amareggiato. Ha scoperto di essere stato spiato dai familiari della moglie e che già si parlava di assistenti sociali quando non era ancora nemmeno indagato».

Il riferimento è a un verbale che porta la data del 10 maggio. In quell'occasione il padre di Melania, ascoltato nella caserma dei carabinieri di Castello di Cisterna, dichiara: «la bimba è con noi. Sto cercando di contattare degli assistenti sociali per affrontare la situazione». I genitori di Melania hanno presentato una richiesta di affido temporaneo al tribunale di minori di Napoli che deciderà il 2 dicembre. Ma anche la procura dei minori è intervenuta sul caso chiedendo la revoca della patria potestà di Parolisi perchè, ipotizzano i magistrati, potrebbe aver ucciso davanti alla bimba che dormiva in auto.

IL TELEFONINO. Crollato l'indizio della borsa (quella trovata nella casa di Folignano è proprio quella di Melania), arrivano le prime indiscrezioni sulla consulenza affidata dalla procura teramana per fare chiarezza sui telefonini. Sembra che i periti confermino quello che hanno già detto i carabinieri del Ros: il telefonino di Melania Rea quel 18 aprile, giorno della scomparsa e dell'omicidio, non avrebbe mai agganciato la cella di Colle San Marco. Il che, per l'accusa, è la prova che la donna non sarebbe mai andata sul pianoro ascolano così come invece sostiene Parolisi. Quel giorno il cellulare di Melania aggancia la cella di Ripe, a pochi metri dal bosco delle Casermette dove il 20 aprile qualcuno scoprirà il cadavere.

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