Precaria s’infortuna in fabbrica: «Sfruttamento senza sicurezza»

La giovane operaia, assunta a giugno, è rimasta ferita a una mano mentre utilizzava una spazzolatrice. La sindacalista Innamorati: «La ragazza non era formata. Per le aziende al primo posto c’è il profitto»
TERAMO. Un incidente sul lavoro in una fabbrica metalmeccanica torna ad accendere i riflettori sulla sicurezza, sulla formazione e sull’uso-abuso dei contratti interinali nel tessuto produttivo abruzzese. A lanciare l’allarme è la Fiom Cgil dopo che una giovane lavoratrice è rimasta ferita a una mano.
L’operaia, assunta a giugno con contratto interinale, mercoledì sera si trovava al lavoro in un’azienda metalmeccanica di Teramo: stava operando su una macchina spazzolatrice quando, per cause in corso di accertamento, un dito l’è rimasto incastrato in una fessura dell’attrezzo. I soccorsi dei colleghi sono stati rapidi: la giovane è stata portata in ospedale e sulla vicenda sono in corso approfondimenti da parte dei carabinieri, della Asl e dell’ispettorato del lavoro. La ragazza avrebbe subito fratture importanti al dito e oggi dovrebbe essere operata. L’episodio ha spinto la segretaria generale della Fiom Abruzzo-Molise, Natascia Innamorati, ad intervenire sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e in particolare nelle aziende metalmeccaniche.
Qui il ricorso a contratti interinali, secondo il sindacato, oscilla tra il 20 e il 30% della forza lavoro complessiva con tutte le ricadute sociali, economiche e di tutele dei diritti che ne derivano. «L’operaia ferita era in forza da pochi mesi, con un contratto a termine, e non aveva ricevuto alcuna formazione strutturata, se non quella “sul campo”, direttamente davanti alla macchina», dice Innamorati, « È bene ribadirlo: il datore di lavoro formale è l’agenzia interinale, ma la responsabilità della formazione sulla salute e sicurezza spetta all’azienda utilizzatrice, cioè all’impresa presso la quale la persona presta effettivamente la propria attività. Eppure, troppo spesso, le aziende continuano a considerare la formazione un costo inutile o una perdita di tempo che rallenta la produzione, invece che un diritto fondamentale e, in molti casi, un vero salvavita. In questo meccanismo anche le agenzie per il lavoro hanno una responsabilità: sono pagate dalle aziende utilizzatrici e quindi, salvo rare eccezioni, difficilmente esercitano controlli seri. Perché se si mostrano troppo rigorose, rischiano di perdere il “cliente”, che è l’impresa, e così a rimetterci è sempre il lavoratore ».
La Cgil sottolinea come dal 2020 a oggi, in tutti i settori produttivi teramani, il ricorso a contratti interinali sia più che raddoppiato e «a pagarne il prezzo più alto sono i lavoratori e le lavoratrici più fragili, quelli con contratti precari. La cosiddetta “flessibilità” di cui tanto parla Confindustria non è altro che precarietà: un meccanismo perverso che non solo mina il futuro delle persone, ma alimenta paura e ricatti».
Tra le criticità del “sistema” precario” c’è la bassa propensione a denunciare malattie e infortuni per timore di non vedersi rinnovato il contratto. «È in questo quadro che assume un tono beffardo vedere forze politiche incontrare i cittadini nei banchetti parlando di sicurezza e giustizia», incalza Innamorati, «Ma quale sicurezza e quale giustizia? Quelle stesse forze politiche non le abbiamo ma viste parlare di sicurezza sul lavoro, o di quella giustizia sociale fatta di lavoro dignitoso, tutelato, duraturo. Una lavoratrice, precaria, si è infortunata in nome del profitto. Perché, per quanto le dinamiche dell’incidente potranno essere chiarite, la responsabilità degli infortuni resta sempre la stessa: un sistema che mette il guadagno al primo posto», conclude la Cgil che invita i lavoratori a denunciare e a farsi assistere dal sindacato.
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