Roseto, odissea alle poste per la pensione della moglie morta

Vedovo costretto da settimane a un viavai con l’ufficio postale per risolvere la successione

ROSETO. «Quante altre volte dovrò andare nell'ufficio del direttore dell'ufficio postale di Roseto per cercare di risolvere la pratica di successione dovuta alla dipartita di mia moglie?».

A chiederlo è un rosetano (non ne sveleremo l'identità per tutelare la sua privacy) rimasto da poco vedovo, il quale da settimane è costretto a uno straziante viavai da casa sua fino all'ufficio postale per soddisfare la continua richiesta di documenti da parte dei funzionari della struttura in questione. «Prima le ho portato il certificato comunale in bollo che attestava la sua morte e la mia firma che attestava che io ero l'unico erede», è la ricostruzione che fa l'uomo rivolgendosi al responsabile dell'ufficio, «poi sono venuto varie volte con i libretti di risparmio di mio suocero, mia moglie e mia suocera: tutti deceduti. Dopo le ho portato anche il certificato in cui si attesta che sono erede unico della successione. Naturalmente lei accettava anche questo documento».

Ma il calvario non era ancora finito. Infatti l'uomo riferisce di essere stato ancora richiamato, pochi giorni dopo, nell'ufficio del dirigente per una correzione dell'atto comunale, in cui si doveva attestare che era lui il marito della signora defunta. Quindi, fatta la correzione, di nuovo in Comune e poi all'ufficio postale. «Speravo che la cosa ormai fosse giunta al termine», continua l'uomo, «e invece no: sono stato ancora chiamato perché le Poste italiane vogliono sapere se mia moglie ha fatto testamento. Fermo restando che non ne vedo il motivo, lo ritengo anche un tentativo palese di violazione della privacy. Infatti, cosa deve importare alle Poste italiane se mia moglie ha fatto o non ha fatto testamento, quando», conclude il vedovo, «erede e unico responsabile sono io?».

Federico Centola

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