Santoleri tenta il suicidio: è in ospedale 

Simone ingerisce farmaci nel carcere di Pescara subito dopo aver ricevuto la notizia del trasferimento a Viterbo

GIULIANOVA. Ha tentato il suicidio, o forse inscenato un tentativo di suicidio, a pochi giorni dalla sentenza d’appello. Simone Santoleri, il 47enne di Giulianova condannato in primo grado a 27 anni di reclusione (24 ne ha presi il padre 71enne Giuseppe) per l’omicidio della madre, la 64enne pittrice originaria di Chieti Renata Rapposelli, martedì nel carcere di Pescara ha ingerito tutte insieme diverse compresse di tranquillante. Gli agenti della penitenziaria si sono accorti che non stava bene e lo hanno soccorso: ora è ricoverato, non in gravi condizioni, nell’ospedale di Pescara.
Il gesto autolesionistico sarebbe stato compiuto da Santoleri subito dopo aver saputo che sarebbe stato trasferito nel carcere di Viterbo. Trasferimento che, evidentemente, l’uomo non gradiva. Di sicuro la decisione dell’amministrazione penitenziaria viene duramente contestata da Gianmarco Cifaldi, il garante dei detenuti della Regione Abruzzo, che ieri ha dichiarato al Centro: «Sono arrabbiato. Per il trasferimento di Santoleri a mio avviso non c’erano motivazioni, e su questo aprirò un’inchiesta. Intanto posso dire che lunedì ero in carcere a Pescara e ho parlato con Santoleri, era sereno ma lamentava il fatto che l’accesso da remoto all’udienza di corte d’appello non gli fosse garantita, perché la connessione era instabile, e di fatto gli veniva impedito il collegamento con l’avvocato difensore. La goccia che ha fatto il traboccare il vaso è che martedì gli hanno comunicato il trasferimento e non ci ha visto più. Perché spostarlo così repentinamente alla vigilia di un’udienza decisiva di Corte d’appello (il 16 dicembre dovrebbe esserci la sentenza, ndr)? Peraltro non mi risultavano incompatibilità. Il motivo nessuno me lo ha spiegato. Quando succedono certe cose il garante e l’avvocato devono essere informati, e non è successo».
Sull’ipotesi che possa essere stata una messinscena e non un vero tentativo di suicidio, Cifaldi dice: «Legittimo porsi la domanda, ma Santoleri lo conosco: è un soggetto fragile, che si sente condannato ingiustamente. Inoltre a Pescara aveva costruito un rapporto affettivo con gli altri detenuti, il personale e gli insegnanti dei corsi a cui si era iscritto. Il trasferimento comunicato così all’improvviso gli ha fatto crollare il mondo addosso».(d.v.)
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