Teramo, caso Tercas: no al sequestro per gli ex sindaci

Un’ordinanza del tribunale dell’Aquila respinge la richiesta del commissario Sora per ottenere il risarcimento dei danni
TERAMO. Niente sequestro conservativo dei beni dell’ex presidente del collegio sindacale della Tercas Gianfranco Scenna. Lo ha stabilito, con ordinanza del 21 agosto scorso, il giudice del tribunale civile dell’Aquila Roberto Ferrari, che ha rigettato il ricorso presentato dalla Banca Tercas ai danni Scenna per ottenere il sequestro conservativo dei beni per un importo di 20 milioni.
«Ho ragione di credere», dice il legale di Scenna, l’avvocato teramano Raffaele Pelillo, «che il tribunale deciderà allo stesso modo anche per gli altri componenti del collegio sindacale», a loro volta gravati da una richiesta di sequestro conservativo, per somme variabili dai 18 ai 20 milioni di euro, da parte del commissario della Tercas Riccardo Sora.
La richiesta di sequestro deriva dall’azione di responsabilità intentata dalla banca nei confronti degli ex amministratori della Tercas, tra cui l’ex presidente Lino Nisii, dell’ex direttore generale Antonio Di Matteo, dei componenti dei collegi sindacali e di altre persone ritenute responsabili del crac della banca, causato da operazioni fortemente a rischio per un ammontare di 260 milioni. Ed è questa la somma che Sora, tramite l’azione di responsabilità, ha chiesto come risarcimento, suddividendola tra le varie persone che avrebbero avuto una qualche responsabilità, più o meno diretta, nella dissennata gestione della banca e nel mancato funzionamento del sistema dei controlli.
Ma mentre per gli ex amministratori e per l’ex direttore generale il tribunale dell’Aquila ha confermato il sequestro conservativo, è stato di diverso avviso per i componenti dei collegi sindacali. E’vero – come è stato accertato in varie sedi – che la Tercas ha fatto operazioni di affidamento a dir poco dissennate – tutti soldi che non sono mai rientrati e hanno creato il buco che ha affondato la banca teramana –ma , osserva il giudice civile, «la natura delle scelte e l’entità dei risultati gestionali, se fedelmente e correttamente rappresentati in bilancio (il che nella fattispecie non è contestato) esulano dal sindacato dell’organo di controllo, che resta limitato all’idoneità della organizzazione aziendale e alla correttezza del suo funzionamento e non si estende al merito delle scelte gestionali».
Ben diverso l’avviso del commissario Sora, che nell’atto di responsabilità imputava al collegio sindacale di «non aver mai rilevato criticità significative, anomalie o segnali d’allarme» e non di essere mai intervenuto «al fine di valutare che l’operato degli amministratori si svolgesse effettivamente nel rispetto del generale dovere di diligenza», sottolineando che anche la Banca d’Italia aveva rilevato che «le gravi criticità messe in luce dagli accertamenti ispettivi» erano riconducibili «anche alla condotta degli ex sindaci».
Più in generale, in merito alla richiesta risarcitoria della Tercas derivante dall’azione di responsabilità, l’avvocato Pelillo osserva: «Si chiede un danno sulla base di un “buco” provocato da alcune operazioni, ma ad oggi la banca non ci ha ancora dato contezza di quali azioni abbia intrapreso per recuperare quei crediti». «In sede penale», aggiunge, «ad oggi c’è già stato un recupero di 190 milioni, quindi in teoria quel danno sarebbe già coperto. Si potrebbe parlare a questo punto di una duplicazione del recupero del danno visto che il giudice penale dice che il sequestro (dei beni di alcuni degli imputati nel procedimento penale davanti al tribunale di Roma, ndr) è finalizzato alla confisca».
Non è azzardato pensare che se questo ragionamento trovasse accoglienza in sede civile potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza non solo per gli ex sindaci, ma anche per le altre persone alle quali la Tercas ha chiesto il risarcimento.
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