Teramo, salvataggio del Cantinone: «Troverò un altro gestore»

Il proprietario dello storico ristorante Pirocchi: «Non farò chiudere il locale» Ricerca partita subito dopo l’annuncio che Pompa disdirà, dopo 12 anni, l’affitto

TERAMO. «Farò tutto il possibile per non far “morire” il Cantinone. Ho già preso contatti con alcuni ristoratori». Domenico Pirocchi, il proprietario del ristorante è deciso a salvare la creatura sua e della sua famiglia. Lo storico locale di via Ciotti è infatti della sua famiglia dal lontano 1951.

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Nel 1997 Pirocchi, da tutti conosciuto come Mimì, si ritirò a vita privata, dando il suo Cantinone in gestione. Per qualche anno l’ha avuto in affitto Nicola Giansante, poi Elio Pompa e quindi il figlio Paolo negli ultimi 12 anni.

«Speriamo che i contatti si concretizzino», osserva Mimì Pirocchi, «e speriamo anche di mantenere la connotazione di ristorante emblema della tradizione culinaria teramana. Certo, il momento è difficilissimo: c’è una crisi lunga e diffusa. A questo si aggiungono secondo me norme sbagliate: ad esempio è impossibile far aprire più di 10 fra bar e locali in un’area ristretta come piazza Martiri, è ovvio che qualcuno va in crisi e chiude. C’è un locale ogni 10 metri. E poi spesso chi non trova lavoro e non ha nessuna professionalità nel settore si improvvisa gestore di un bar o di un ristorante».

Insomma, è una sorta di giungla, e della concorrenza spietata spesso fanno le spese gli ultimi ristoranti di livello esistenti in città. Un anno fa il Duomo, ora il Cantinone. Che però se andrà in porto la ricerca di un nuovo gestore continuerà ancora a rappresentare un punto di riferimento dei buongustai teramani. Così com’è ormai dal 1906.

«La mia famiglia, mio padre Peppino e mia madre Linda», racconta Pirocchi, «lo presero in gestione dal professor Colleluori nel 1951. In famiglia eravamo in cinque e io ero in sala dove facevo il cameriere e il direttore. Così è stato per decenni. Il Cantinone è diventato un punto di riferimento per il mondo culturale italiano: si sono seduti ai nostri tavoli Pasolini, Moravia, Guttuso, Carlo Levi, Sassu, Treccani, Natalia Ginzburg e tanti altri. Posso dire che abbiamo fatto conoscere la cucina teramana in Italia. Nel dopoguerra mio padre fu fra i primi a servire le “virtù” al ristorante, visto che la tradizione vuole che si facciano in casa. Adesso speriamo di continuare a mantenere il Cantinone come presidio di una cucina teramana, che purtroppo nella ristorazione è sempre meno presente: la città si è riempita di locali commerciali. D’altronde bisogna fare delle scelte, che spesso hanno un costo: io ad esempio negli Anni Ottanta non ho mai voluto cucinare i tortellini, tantomeno con la panna. Andavano per la maggiore e alcuni miei colleghi ci hanno fatto bei soldi».

Adesso i tempi sono cambiati: calo dei consumi, costi alti e alta tassazione sono infatti le cause principali che hanno indotto Paolo Pompa ad annunciare che non intende prolungare il contratto di locazione che scade a fine dicembre. Il ristoratore ha cercato di resistere, mettendo anche in cassa integrazione parte del personale e sperando in una ripresa, che nel 2014 non c’è stata. La crisi aveva già causato la chiusura, a fine 2012, della Locanda del Pompa, che gestiva dal ’99 al bivio di Campli; poi (un anno fa) di Host, il locale “alternativo” durato appena un anno in piazza Sant’Anna.

Paolo Pompa, però, probabilmente non chiuderà la tradizione di storica famiglia di ristoratori: progetta di inaugurare un locale più piccolo o di tentare di aprirlo all’estero.

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