Teramo, sentenza arriva tardi: è già morto

Vittima di mobbing attende giustizia per dieci anni, un infarto lo uccide tre mesi prima del verdetto

TERAMO. E’ la storia di un uomo che per dieci anni ha chiesto giustizia, invocando il diritto al lavoro e quello alla salute. E la giustizia, in questa Italia che per la Corte di Strasburgo è quella dei processi lumaca, è arrivata tre mesi dopo la sua morte. M.D.L., teramano, 55 anni, impiegato comunale in pensione, se n’è andato a novembre stroncato da un infarto: qualche giorno fa i giudici della Cassazione hanno accolto il suo ricorso. L’uomo, ex addetto al depuratore di Teramo quando l’impianto era gestito dal Comune, nel 2004 aveva iniziato una battaglia legale contro l’amministrazione. Lui, che per anni aveva segnalato il cattivo funzionamento dell’impianto, era stato colpito da un ictus e quando era rientrato l’ente l’aveva spostato in un altro settore. Per questo aveva citato la pubblica amministrazione davanti al giudice del lavoro: voleva che un magistrato riconoscesse il rapporto tra quell’ictus e l’ambiente in cui operava tutti i giorni. Sia in primo grado sia in secondo grado aveva perso: nel mezzo decine di udienze, di testimonianze, di provvedimenti. Ma lui non si era mai arreso: le lungaggini e le attese di un circolo vizioso che inghiotte la giustizia non lo avevano scoraggiato. Assistito dal suo legale Tommaso Navarra si era rivolto alla Suprema Corte. Nel frattempo era andato in pensione perchè quell’ictus gli era stato riconosciuto come malattia professionale. Qualche giorno fa è arrivato il pronunciamento della Cassazione che ha rinviato tutti gli atti alla Corte d’Appello. Ora si ricomincia da qui. Scrivono i giudici nel provvedimento: «la Corte territoriale non ha adeguatamente dato conto nè della ritenuta insussistenza del nesso di causalità tra i danni alla salute subiti dall’uomo e il cattivo funzionamento del depuratore visto che la motivazione sul punto risulta, nella sostanza, apodittica e poco comprensibile; nè dell’assenza del carattere dequalificante delle mansioni cui è stato adibito l’uomo al rientro al lavoro dopo la malattia». A portare avanti la battaglia saranno le figlie. «Le eredi», dice l’avvocato Navarra, «daranno corso al giudizio che per il padre assumeva importanza non tanto sul piano economico, ma quale affermazione di un principio di tutela del lavoratore pubblico dipendente».(d.p.)

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