Abruzzo no slot, diciamo basta al gioco che rovina la vita

La nostra iniziativa contro gli apparecchi “mangia-soldi”. La crisi ha moltiplicato giocatori e locali. Si può puntare ovunque, anche in un circolo Acli a Roseto. Unisciti alla discussione con l'hashtag #Abruzzonoslot

TERAMO. La signora vestita di verde e la donna con l’abito a pois si mettono in coda dietro all’uomo abbronzato con la maglia della Gran Bretagna e tutti gli altri. Forse sognano di viaggiare lontano con una super vincita al Lotto. Con meticolosità alcuni di loro estraggono un blocco con la penna, dove hanno appuntato i numeri da giocare, quando è il loro turno la titolare della ricevitoria di Montesilvano strizza l’occhio con complicità e augura: «Buona giocata».Restano così, con il naso all’insu, sostenendosi l’un l’altro in una sorta di mutua solidarietà in cui s’intrecciano anche le battute di sostegno della titolare. Il gioco, d’altra parte è un affare. Un affare che conviene soltanto ai titolari di attività legate al gioco d’azzardo, di cui il Lotto o la semplice giocata al Gratta e vinci, sono solo una parte di una catena di giochi che si rinnova con nuove proposte ogni giorno, casinò virtuali, siti dedicati, comunità di giocatori e forum di discussione per gli appassionati scommettitori. Una catena di giochi che ha nelle slot machine l’anelo forse più pericoloso, quello che stringe con più forza il giocatore nella morsa della dipendenza.

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A guadagnarci è anche lo Stato. Il fatturato del gioco d'azzardo è il terzo dopo quello di Fiat ed Eni, 86 milioni di euro all'anno. Farne a meno in questo contesto di crisi economica, non conviene. Anche se il premier Renzi ha promesso, su proposta del sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini, di mettere presto mano a un programma in tempi rapidi per combattere il gioco d’azzardo.

 

A perderci, invece, sono i giocatori. Che agganciati alle slot machine implorano di «pagare» una vincita da capogiro, come se avessero un cervello razionale o un cuore pulsante, o attaccati al computer per i nuovi giochi online (come le corse virtuali dei cani e dei cavalli o le app condivisibili su Facebook), si ritrovano senza stipendio, con case pignorate, debiti con le banche e con gli amici, nella morsa dell’usura, isolati dal contesto sociale.

E sempre più spesso anche senza famiglia. Fino a diventare «ludopatici», cioé dipendenti dal gioco d’azzardo, una delle patologie più devastanti nel Paese secondo gli esperti, che investe tra lo 0,5 e il 2,2 della popolazione. Dati estrapolati dai medici nel loro lavoro quotidiano (non esiste una fonte ufficiale), e che costituiscono soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio.

La maggior parte dei giocatori patologici si vergognano di denunciare la patologia. Oppure difendono la passione per il gioco, come racconta Marco Falcone del Caffè dell’Olmo, in piazza Martiri a Teramo. Fino a otto anni fa nel suo locale aveva una sala slot e lui stesso era dipendente dal gioco d’azzardo. «Una volta mi riportai a casa una slot», ricorda, «dissi: “vediamo chi vince stanotte”». Vinse la macchina. Da un giorno all’altro decide di toglierle dal suo bar. «Ma molti amici giocatori non me lo perdonano, e uno di loro mi ha anche staccato l’adesivo anti-slot dalla vetrina». Smettere di giocare è, d’altra parte, un po' come smettere di fumare. Se smetti con convinzione, butti il pacchetto intero dalla finestra e non ne accendi più una. Ma fino a quel momento, guai a chi giudica il fatto che fumi.

Intanto, nell’Abruzzo maglia nera per il numero di giocatori (dove l’Italia è primo Paese in Europa e secondo nel mondo), e dove Teramo svetta come terza città in Italia in cui si gioca di più, con 1.890 euro spesi procapite (su 57mila abitanti significa che sfumano in gioco 107 milioni all’anno), spuntano le iniziative per contrastare il problema. Quella del consigliere regionale (ex assessore a Teramo) Giorgio D’Ignazio, risale a un paio di anni fa, quando presentò una proposta di legge al capo dello Stato Napolitano, al premier Letta e a tutti i consigli comunali d’Italia, il cui punto principale chiedeva l’abolizione della pubblicità ingannevole e l’introduzione della prevenzione a scuola. «Dobbiamo dire ai cittadini che non è vero che si vince “facile”, ma che se acquisti un biglietto del Gratta e vinci hai lo 0,0000003 di possibilità di vincita di premi importanti», spiega. E proprio oggi il Comune di Chieti voterà, come spiega il consigliere delgruppo misto Marco Di Paolo, la decurtazione del 40% della tassa Iuc agli esercenti che rinunceranno alle slot. C’è Atri, poi, che nel maggio scorso ha recepito la legge anti-ludopatia, finalizzata a prevenire i fenomeni di dipendenza dal gioco.

Ma nel Paese delle contraddizioni t’imbatti nella scena che non ti aspetteresti. Succede a Roseto, dove all’interno del centro anziani adiacente alla chiesa del Sacro cuore e gestito dall’Acli (l'associazione cristiana dei lavoratori italiani) spunta l’angolo delle slot. Semi nascoste dietro a un separè (e sotto all'immagine di San Giovanni Battista Piamarta e allo stemma delle Acli con tanto di crocifisso), ci sono tre macchine per il gioco d’azzardo. Alla domanda se si possa giocare, la ragazza dietro al bancone risponde: «Gioca soltanto chi è socio». A una rapida occhiata per lo più pensionati che si alternano tra il gioco delle carte e qualche puntata d'azzardo.

@mariannagianfor

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