Abruzzo

Abruzzo, si può sparare a 27mila uccellini: non erano cacciabili da 33 anni

19 Giugno 2025

Il nuovo calendario venatorio della nostra regione. La misura introdotta riguarda 8.221 storni e 19.317 fringuelli, specie protette dal 1992. Le associazioni animaliste: «Pesano appena 20 grammi e sono innocui, scelta inaccettabile»

PESCARA. Fa discutere la decisione della Regione Abruzzo, approvata dalla Conferenza Stato-Regioni, di autorizzare con il nuovo calendario venatorio 2025-2026 l’abbattimento in deroga di 8.221 storni e 19.317 fringuelli, due specie protette non cacciabili dal 1992. Oltre 27mila specie in totale. Scelta destinata a fare rumore, come era stato per i cervi da abbattere.

La misura, secondo le normative vigenti, può essere applicata solo in casi eccezionali, per motivi specifici come la tutela delle colture o della sicurezza pubblica, e soltanto in assenza di “altre soluzioni soddisfacenti”.

Contro questa scelta si sono mobilitate tre associazioni di tutela dell’avifauna – la Stazione ornitologica abruzzese, la Lipu Abruzzo e l’associazione per la tutela dei rapaci – che hanno inviato una lettera aperta al presidente della Regione Marco Marsilio, al vice presidente con delega alla Caccia, Emanuele Imprudente, e all’Ispra, chiedendo spiegazioni su quello che definiscono «un provvedimento scientificamente e legalmente privo di fondamento».

«Il fringuello», hanno scritto nella lettera aperta per la Stazione ornitologica abruzzese Aps il presidente Massimo Pellegrini, per la Lega italiana protezione uccelli delegato regionale Abruzzo, Stefano Allavena, e per l’associazione per la tutela degli uccelli rapaci e dei loro ambienti il responsabile per l’Abruzzo Fabio Borlenghi, «è un uccello di appena 20 grammi, innocuo e senza alcun impatto sulle colture agricole. È inspiegabile come si possa giustificare un intervento di abbattimento per quasi 20.000 esemplari, quando nemmeno nel Piano faunistico regionale si fa menzione di danni a esso attribuibili».

Le associazioni contestano anche la logica adottata per determinare il numero massimo di animali abbattibili, basata non su dati reali di presenza o danni, ma solo sul numero dei cacciatori presenti in ogni regione. «Così si scambia un criterio di comodo», hanno chiarito Pellegrini, Allavena e Borlenghi, «per una valutazione scientifica».

A sollevare ulteriori perplessità tra le associazioni ambientaliste su storni e fringuelli è il rischio di confusione con specie affini ma meno comuni, come la peppola e il frosone, che i cacciatori potrebbero non saper distinguere prima dello sparo. «Autorizzare la caccia a una specie così simile ad altre più rare», hanno concluso, «espone a un danno irreparabile la biodiversità locale».

Le associazioni parlano di un provvedimento «in contrasto con la vocazione naturalistica dell’Abruzzo, Regione dei parchi» e preannunciano battaglia legale «decisioni simili non rafforzano la gestione faunistica, ma la espongono a inevitabili ricorsi».

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