Appalti e concorsi pilotati, cinque arresti Ai domiciliari il sindaco di Farindola

23 Aprile 2010

Bufera giudiziaria sull’area vestina, ai domiciliari il sindaco di Farindola De Vico. Arrestati anche due consiglieri comunali di Penne e l’ex assessore provinciale Petrucci. Gli indagati sono 31

PESCARA. Le raffiche del ciclone giudiziario investono l’area vestina. Nell’inchiesta sull’urbanistica che scoperchia un sistema definito di «illegalità diffusa», finiscono agli arresti cinque persone: politici e imprenditori in una lista aperta dal sindaco di Farindola Antonello De Vico, fino a ieri coordinatore provinciale dell’Udc.

Con lui, l’operazione «Vestina» travolge due ex assessori e oggi consiglieri comunali di Penne, Alberto Giancaterino e Femio Di Norscia, l’ex assessore provinciale e comunale di Pescara Rocco Petrucci, ingegnere e titolare di uno studio di progettazione di cui Giancaterino, secondo l’accusa, sarebbe stato «socio di fatto», con un ruolo di insider, e l’imprenditore toscano Daniele Mazzetti, alla guida della cooperativa Agorà per la gestione dei servizi sociali (tutti ai domiciliari). Appalti e concorsi pilotati, assunzioni di favore, concussione, peculato, corruzioni, falsi e truffe: il quadro disegnato dalle indagini condotte dal pm Gennaro Varone è quello raccontato da altre inchieste che hanno travolto pubbliche amministrazioni e coinvolge i vertici delle istituzioni elettive: fra i 31 indagati, il nome eccellente è quello del sindaco di Penne Donato Di Marcoberardino, ma nella lista compaiono l’assessore ai Lavori pubblici Gabriele Pasqualone, l’ex assessore Giuliano Evangelista, funzionari comunali, dirigenti della Comunità montana vestina e imprenditori.

RAFFICA DI PERQUISIZIONI
Al termine di due anni di indagini, il blitz dei carabinieri scoperchia la pentola del presunto nuovo malaffare alle prime ore di ieri, quando una raffica di perquisizioni sveglia gli indagati: i militari del nucleo operativo della compagnia di Penne, guidato dal capitano Massimiliano Di Pietro, in collaborazione con il personale del comando provinciale coordinato dal colonnello Marcello Galanzi, entrano in quindici tra case e uffici, compreso il Comune di Penne, tra Penne, Farindola, Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno), Arezzo e Bibbiena, per notificare l’ordinanza firmato dal gip Maria Michela Di Fine. «L’attività è ancora in corso, ed è suscettibile di sviluppo» ha detto ieri il comandante Galanzi. «Nel corso delle perquisizioni sono stati acquisiti documenti ritenuti interessanti» ha sottolineato Di Pietro.

Tutto parte da un concorso per sei posti per collaboratori amministrativi di Penne che si conclude con l’assunzione di sei persone che già operano nel Comune di Penne attraverso la cooperativa «Centro servizi aziendali», arrivati prima «non per merito, ma per precostituita volontà di favoritismo» scrive il gip: da quel momento, tessera dopo tessera il puzzle per un periodo che va dal 2007 al 2008, si compone.

LE ACCUSE A DE VICO
Il sindaco di Farindola, accusato di corruzione, finisce sotto accusa perché, come coordinatore di piano nell’ambito dell’istituzione per i servizi sociali della Comunità montana vestina, assieme a Di Marcoberardino e Di Norscia avrebbe favorito l’imprenditore Mazzetti perché la struttura ospedaliera in disuso di contrada Carmine fosse trasformata in una Rsa e perché il relativo servizio gli fosse assegnato nell’ambito di «una gestione clientelare degli appalti». In cambio di cosa? De Vico di finanziamenti per l’attività politica e «sistematico controllo delle assunzioni presso la coop Agorà». Di Norscia e il sindaco di Penne, invece, «in cambio della precostituzione dell’aggiudicazione» dell’appalto per i servizi sociali avrebbero ricevuto la possibilità di avviare al lavori «numerosi protetti». Ma anche finanziamenti al Penne Calcio. Per De Vico le accuse sono pesanti: estorsione perché avrebbe minacciato di esautorare la segretaria della Comunità montana che non voleva prorogare il contratto all’avvocato Paolo Cucculelli; ancora corruzione perché si sarebbe fatto promettere dai vertici della Ecologica srl (società mista pubblico-privato) finanziamenti per l’attività politica e assunzione: come contropartita avrebbe condizionato l’esito delle gare per la gestione dei rifiuti. Infine, il millantato credito presso l’amministrazione di Penne, perché si sarebbe fatto consegnare da un imprenditore «utilità» consistite nell’acquisto di quote dalla Banca Vestina per 50 mila euro e del versamento di denaro al partito.

SCANDALO URBANISTICA Per Di Marcoberardino, tra le accuse c’è anche quella di falso e corruzione per la presunta gara pilotata per la realizzazione di un supermercato: in cambio avrebbe avuto dalla società la promessa a gestire le assunzioni e ad affidare subappalti a ditte amiche. Ma più in generale, per i rappresentanti dell’amministrazione di Penne, le accuse riguardano i presunti illeciti nell’attività urbanistica «nell’ambito della quale» scrive il gip Di Fine, «emergeva una gestione dell’ufficio tecnico del Comune a favore di imprenditori locali, predeterminata all’interno di un ufficio tecnico privato, facente capo a Rocco Petrucci» con cui avrebbe collaborato l’ex vice sindaco e assessore Giancaterino. Secondo l’accusa, quest’ultimo avrebbe assicurato «canali preferenziali» a Petrucci nelle pratiche da lui seguite «ottenendo come contropartita utilità attraverso la divisione dei guadagni dell’attività» grazie a parcelle «ingessate».

Per lo studio di Petrucci (già arrestato nel 2003 un mese dopo essere entrato nella prima giunta D’Alfonso per una vicenda legata alla sua attività in Provincia) gli uffici pubblici sarebbero stati «una vera e propria appendice affaristica». Sarebbero stati favoriti così gli interessi di alcuni imprenditori locali nell’ottenere permessi a costruire per l’ampliamento di un centro commerciale a Penne; per ingrandire un fabbricato situato in zona agricola, privo della cubatura imposta dalle norme; per la realizzazione di una serie di palazzine in contrada Ossicelli, dove sarebbero stati realizzati quattro appartamenti in più: tutto attraverso artifici progettuali, come le stanze considerati sottotetti, e la contraffazione di date. Oppure i vantaggi ricavati dalla costruzione delle villette in contrada Campetto, la cui proprietà sarebbe stata suddivisa tra familiari degli arrestati.
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