Aziende agroalimentari, conti in rosso

13 Novembre 2009

Grido d’allarme delle associazioni: vendite a picco, a rischio migliaia di posti di lavoro.

PESCARA. Bilanci familiari in crisi, acquisti in difficoltà, economia in ginocchio. A risentire di questa situazione è in primo luogo il settore agroalimentare abruzzese che rischia di perdere migliaia di posti di lavoro e di veder chiudere molte attività se le vendite non risalgono.
Non volendo assistere impotenti a questo progressivo declino le associazioni di categoria hanno proclamato lo stato di agitazione e organizzato una prima manifestazione di protesta per il 5 dicembre, a Ortona. Gli operatori della provincia scenderanno in piazza per un corteo e poi si ritroveranno con i rappresentanti di categoria alla sala Eden, per discutere dei problemi del settore con i rappresentanti delle istituzioni, sempre che accettino l’invito a confrontarsi su questi temi. La protesta toccherà anche le altre province, con altre tre manifestazioni le cui date, però, sono ancora da definire.

Il grido di allarme è unanime: a lanciarlo sono Cia, Confagricoltura, Copagri, Confcooperative, Legacoop e Agci d’Abruzzo, che si fanno portavoce della circa 80mila aziende agricole e di una miriade di strutture cooperative attive sul territorio della regione. Queste realtà danno occupazione a circa 30mila dipendenti e «fino ad oggi», spiega Domenico Falcone, presidente della Cia Abruzzo, «è stata evitata la perdita di posti di lavoro, ma considerato che in queste attività spesso i ricavi non superano nemmeno i costi è difficile che si riesca ad andare avanti così, anche perché questa crisi non è legata solo all’andamento dell’economia a livello internazionale. Le debolezze strutturali si avvertono da tempo, nell’agricoltura».

Le prospettive sembrano drammatiche, per Falcone. «Migliaia di aziende chiuderanno, e non è assolutamente possibile pensare di essere competitivi se le attività scompaiono. Bisogna tenere conto, tra l’altro, che il nostro costo del lavoro è più alto che altrove».
Non è un caso che il campanello di allarme venga suonato proprio in questo momento. A livello nazionale si discute la Finanziaria e a livello locale si lavora sul bilancio regionale per cui si è deciso di far sentire la voce degli operatori a tutte le istituzioni che possono aiutare concretamente l’agricoltura a riprendersi. Fino ad ora non sono arrivati segnali positivi tant’è che «la legge Finanziaria nazionale per il 2010 non prevede risposte alle esigenze di sviluppo del settore agricolo e ha cancellato, rispetto al passato, alcune voci specifiche» come spiegano in una nota tutte le sigle che aderiscono alla protesta.

Ce n’è anche per la Regione Abruzzo che ha ridotto gli stanziamenti per queste attività «da 90 milioni del 2002 a 20 milioni del 2009, ma questi fondi sono fortemente insufficienti». A prescindere dalle risorse, che indubbiamente scarseggiano, le associazioni di categoria lamentano «l’assenza di programmazione e la mancata predisposizione di adeguati strumenti di politica per il settore». Va quindi cercata una via d’uscita e i primi ad attivarsi, concludono organizzazioni professionali e centrali cooperative, devono essere «il governo nazionale e quello regionale, il Parlamento, gli enti locali, le forze politiche e sociali e i cittadini. Tutti devono sostenere l’affermazione della centralità dell’agricoltura che garantisce cibo, sicurezza alimentare, tutela del paesaggio e valorizzazione del territorio».