Camillo D’Alessandro racconta Tua: «La sua creazione salvò posti di lavoro e fece risparmiare sui costi»

L'intervista all’ex sottosegretario della giunta D’Alfonso: «Ci affidammo a D’Amico e Rivera, due buoni cervelli. Se oggi fossi in Regione fonderei questa società con la Saga»
PESCARA. Camillo D’Alessandro, attuale responsabile regionale di Italia Viva, nel 2015 era sottosegretario alla giunta regionale guidata da Luciano D’Alfonso ed è stato uno dei principali artefici della nascita di Tua.
Lei è considerato l’ispiratore di Tua, che ha appena compiuto 10 anni, tutti ricordano i dubbi e polemiche di allora tra lavoratori e politica.
«Mi fa piacere che il centrodestra festeggi il compleanno di Tua, ma quando erano all’opposizione votarono contro la nascita di Tua, contro la legge istitutiva, annunciando catastrofi e disastri, speculando sulla paura dei lavoratori. In realtà io presentai il progetto di fusione quando ero all’opposizione della Giunta Chiodi e fu bocciato. Quando vincemmo le elezioni lo abbiamo fatto».
Quali le prime mosse?
«Un esempio di buona politica: facile dire quando sei minoranza, difficile farlo quando poi tocca a te. E la buona politica poi chiama i migliori, non gli amici, si affida ai buoni cervelli, con Luciano D’Amico alla guida, prima di Arpa e poi di Tua, e con Vincenzo Rivera, allora direttore generale della Regione e dirigente ad interim dei Trasporti».
Come nasce l’idea di Tua?. La Giunta D’Alfonso, con lei sottosegretario ai trasporti, varò la riforma del trasporto pubblico locale, giusto?
«Allora il trasporto pubblico locale era garantito da tre società pubbliche: Gtm, Arpa e Sangritana. Tre centri di piccolo potere oggetto di spartizione della politica: tre presidenti, tre consigli di amministrazioni, tre collegi dei revisori, tanti capetti, tre officine e tre centri di acquisto per cui, ricordo bene, uno stesso identico pezzo di motore, della stessa marca, costava in modo differente tra una società o un’altra, stesso discorso per le assicurazioni».
A quanto ammontò il risparmio?
«Risparmiammo milioni di euro. Nel frattempo, Arpa aveva praticamente pronti i libri in tribunale, era azzerato il capitale sociale, 35 milioni di euro, e andava verso il fallimento. Le altre due società reggevano perché avevano, come ex aziende concessionarie, un finanziamento a chilometro maggiore, quasi il doppio, rispetto a quello di Arpa. Davanti a noi i tagli ai trasferimenti da parte dello Stato e 1.600 persone che rischiavano seriamente il posto di lavoro».
E così pensaste alla fusione?
«L’unica soluzione era la fusione, il soggetto unico, la realizzazione di economie di scala, l’efficientamento. Ci siamo riusciti. Se qualcuno si chiede cosa significa essere riformisti al governo, significa esattamente questo: cambiare il corso delle cose con le riforme. Ma fu solo un pezzo della “rivoluzione” che abbiamo realizzato».
Ma non bastava, serviva l’ok dei lavoratori.
«Quello fu il passaggio che ricordo con maggiore soddisfazione. La vittoria del sì nel referendum tra i lavoratori. Certo, non mancarono scontri, ma lavorammo insieme ostinatamente. Il punto cruciale fu il nuovo contratto di secondo livello per i lavoratori. Il costo era insostenibile. Feci una scelta: fino a 25.000 euro lordi di retribuzione non si toccava nulla. Oltre chiedemmo un sacrificio proporzionato alla busta paga, da qualche decina di euro di sacrificio a qualcosa di più a chi prendeva di più. Ci fu il referendum tra i lavoratori e vinse con larga maggioranza il SÌ alla riforma. Ai dirigenti applicammo il taglio più forte, parametrammo il loro stipendio a quello dei dirigenti regionali. Ho trovato anche dirigenti delle ex società che percepivano qualche centinaio di migliaia di euro di stipendio, che ovviamente non presero più».
Che successe dopo?
«Non facemmo la fusione per salvare solo le società ed i posti di lavoro, altrimenti sarebbe stata una finzione e dopo qualche anno ci saremmo trovati punto e a capo».
E quindi?
«Dovevamo garantire il futuro. Dopo la società unica realizzammo l’affidamento in house a Tua dei servizi di trasporto pubblico. L’alternativa erano le gare, cosa fatta in altre Regioni, anche di sinistra. Sono un liberale, credo al mercato, ma sul servizio universale del trasporto pubblico locale credo che il pubblico possa fare e fare bene. I privati impugnarono questa decisione davanti a tutti i tribunali. Anche in quel caso abbiamo avuto ragione».
Dopo 10 anni com’è lo stato di salute di Tua??
«Sono molto preoccupato: per i conti, per la disinvoltura nelle sub concessioni, per la totale assenza di programmazione, sull’evasione tariffaria, cioè su chi non paga, sull’aumento dei costi di biglietti e abbonamenti per studenti e lavoratori. Lo sanno le famiglie in questi giorni di ripresa della scuola. L’assessorato ai trasporti non esiste. Temo che se oggi qualcuno rimettesse in discussione l’affidamento in house, cioè la sostenibilità rispetto al ricorso al mercato, rischierebbe di avere ragione».
Sulla parte ferroviaria?
«Qui siamo al disprezzo dei soldi degli abruzzesi. La Pescara-Roma viene presa in media da 15 persone all’andata e 15 al ritorno. Costa circa 2 milioni di euro per un treno fantasma, credo sia materia da Corte dei Conti. Anche noi attivammo la tratta, ma facendola pagare a Trenitalia, nel contratto di servizio. Ora pagano gli abruzzesi. Sui Frecciarossa un abruzzese, senza alta velocità, paga a chilometro molto di più di qualunque italiano che prende il Freccia sulla dorsale tirrenica, ma con l’alta velocità. Conviene l’aereo».
Come vede l’ingresso dei privati in Sangritana Spa?
«Sangritana Spa viene depredata di risorse che servono a reggere il bilancio di Tua. Potrebbe rappresentare il vantaggio competitivo della Regione sul versante ferro-merci e ferro-turistico collegando la costa dei trabocchi, lungo la Val di Foro, agli impianti di risalita del bacino Roccaraso-Castel di Sangro e da lì agganciare il binario Rfi verso Napoli. Molto di più della fortunata Transiberiana d’Abruzzo. Parliamo di milioni di euro di fatturato. L’ingresso dei privati è svendita, non investimento».
Cosa farebbe per il futuro?
«Se fossi in Regione, senza esitare un istante, fonderei la Saga con Tua, una unica società che mette insieme aereo-gomma-treno-bici, per fare dell’Aeroporto d’Abruzzo un vero e proprio hub, dal quale si arriva e si parte, soprattutto in vista della pista per i voli internazionali che ricordo fu finanziata dal Governo Renzi, con noi in Regione, ed ho perso il numero di volte che Marsilio l’ha inaugurata».
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