Carlo Verdone star domani all’Aquila E il 16 arriva Benigni?

E’ importante la presenza umana e io sarò lì anche per ringraziare il mio pubblico.

«Mio figlio ha perso, nel terremoto, una sua amica carissima: Alessandra Cora, la cantante».
Carlo Verdone ricorda così la notte del 6 aprile, quella del terremoto che ha devastato L’Aquila. Quattro mesi dopo, quella notte sarà nei pensieri del 58enne regista romano che, domani sera, presenterà il suo film «Borotalco» nella caserma della Guardia di finanza a Coppito, nella giornata inaugurale di una rassegna cinematografica (si legga il programma nell’articolo nel box) che andrà avanti fino al 16 agosto. Il mini festival potrebbe concludersi, la sera del 16 agosto, con il «botto» della presenza di Roberto Benigni che è stato contatto dagli organizzatori. Domani sera, Verdone incontrerà il pubblico dialogando con il critico Enrico Magrelli e Gabriele Lucci, aquilano, patron dell’Accademia dell’immagine. Alla vigilia, ha scelto di parlare con i lettori del Centro in questa intervista.

Perché, fra tutti i suoi film, ha scelto di presentare «Borotalco»?
«Perché era il mio film che mio padre, scomparso da poco, amava di più. A suo dire, era il film che aveva degli scatti di sceneggiatura molto all’americana, ben scritto, alla Frank Capra. Anch’io lo ritengo uno dei miei film più importanti. Se non avessi fatto “Borotalco”, la mia carriera probabilmente non sarebbe proseguita; sarei rimasto un attore che fa il virtuoso, quello, dei miei primi due film».

Qual è il suo rapporto con l’Abruzzo?
«Da piccoli i miei figli hanno trascorso le loro vacanza estive in Abruzzo, a Colle di Mezzo, dove avevamo affittato una casa molto carina. Quanto a me, ho tanti amici abruzzesi. E all’Abruzzo è legato anche uno dei miei film».

Quale?
«“Bianco, rosso e Verdone”. Tutte le scene in autostrada dell’episodio dell’emigrante che ritorna in Italia dalla Germania le ho girate in Abruzzo. E’ il tratto dell’autostrada dell’Aquila che va verso Assergi che, all’epoca, era ancora chiuso. Grazie a Sergio Leone, che era il mio produttore, aprirono una corsia solo per me. Ho girato lì anche la parte autostradale di un altro episodio di quel film, quello del marito rompicoglioni».

La comicità può servire a chi è stato colpito da una tragedia come quella del terremoto?
«Il comico è un piccolo ansiolitico privo di effetti collaterali. E’ importante la presenza umana, il gesto di una persona che sente il desiderio Perché, allora, un comico come me viene all’Aquila? Per dirla papale-papale, se dopo trent’anni sono ancora sugli schermi, lo devo anche al mio pubblico. Quindi, se una parte del mio pubblico mi dice “Ci farebbe piacere averti qui”, allora io ci vado perché devo dire grazie a quelle persone».

Qual è la perdita più grave causata da un terremoto?
«Oltre a quella della persone care, è la perdita della propria identità e cultura. All’inizio, certo, la cosa più importante è mettere una famiglia in una condizione di vita dignitosa. Ma resta la perdita grave di certi simboli come un campanile, le reliquie di un santo, una strada piena di ricordi personali, un monumento. Sono le cose che fanno l’identità di una persona».