Da Pescara a Shanghai, il legale che cita Confucio

Carlo D’Andrea, 35 anni, laurea a Teramo, racconta come è diventato presidente dell’Ente camerale europeo in Cina, dove gestisce anche due studi legali “misti”

PESCARA. Da Pescara a Shanghai, passando per Roma, Barcellona, Nanjing. La storia dell’avvocato Carlo Diego D’Andrea farebbe presupporre tutto tranne la sua età: appena 35 anni dei quali gli ultimi 8 vissuti in Cina.

L’avvocato pescarese, fresco della rielezione come presidente del consiglio d’amministrazione della Camera di commercio dell’Unione Europea in Cina– Nanjing Chapter, racconta la sua storia, un percorso che aveva ben chiaro in mente sin da piccolo. Attualmente è managing partner per la Greater China dello studio legale Picozzi & Morigi di Roma, presente in Cina tramite le sedi di Shanghai e Nanchino.

«Sin da piccolo, quando mi chiedevano che cosa volessi fare da grande, rispondevo che avrei fatto l'avvocato», dice parlando da parecchie migliaia di chilometri di distanza, «la mia aspirazione era quella di un legale che girasse il mondo, ma soprattutto sognavo di essere l'asso nella manica dei miei clienti, l'ago della bilancia tra successo e fallimento di una grande operazione economica». E in un certo senso è stato proprio così. Una laurea in giurisprudenza all’università di Teramo, durante il percorso accademico ha vinto una borsa di studio Erasmus per Barcellona, uno di quei momenti che l’avvocato descrive fondamentale per la sua vita. Quello in cui emerse la volontà di lavorare in ambito internazionale.

Al ritorno, la specializzazione a Roma alla Luiss in giurista d’impresa, e l’inizio della collaborazione con lo studio Picozzi Morigi di Roma. «Cercavano dei professionisti per la loro sede in Cina a Nanjing», racconta, «chiamai subito dicendo che ero un giovane praticante avvocato di Pescara, che mi stavo specializzando e che volevo lavorare per loro per la Cina. Mandai il mio curriculum e dopo alcuni colloqui mi presero.Lo Studio mi disse che se volvo lavorare per loro dovevo cominciare dalla loro sede di Nanchino per almeno sei mesi, andando a rafforzare un avamposto che era in forte espansione.Ero interessato all'idea di poter andare nella ’fabbrica del mondo’. Era il 2005 e dovevo stare in Cina solo per 6 mesi adesso sono passati quasi 8 anni». Ora D’Andrea gestisce due uffici, a Nanchino e Shanghai, con avvocati italiani e cinesi. Ha dovuto imparare una lingua ostica, nuovi costumi e nuove leggi. «La Cina è un Paese molto difficile e la lingue inglese talvolta non e'sufficiente. Secondo me non ci si ambienta mai del tutto. Mi hanno dato un nome cinese durante i corsi seguiti all'universitá: il nome era dai kai, che che significa uomo che porta allegria. Ho pensato che tanti sacrifici finalmente iniziavano a dare frutti e che non era necessario avere capelli bianchi per essere bravi e competenti». Lì ha conosciuto sua moglie Maria, una ragazza russa incontrata all’università cinese: «Senza dubbio l'averla conosciuta e' una delle principali ragioni che mi hanno fatto accettare di allungare il mio soggiorno in Cina: è lei che mi incita a dare il meglio ogni giorno». Con Maria oggi vive a Shanghai. Ogni tanto torna in Italia, 14 ore di aereo non fanno paura al giovane avvocato, che almeno una volta l’anno ne approfitta per salutare i suoi genitori, che oggi vivono a Cappelle sul Tavo.

E pur avendo una grande esperienza internazionale non se la sente di dispensare consigli alla sua generazione, ma chiude il suo pensiero solo con una riflessione: «La Cina è un ambiente che ti mette duramente alla prova, ogni giorno. La vita è molto veloce, ma credo che se per seguire i propri sogni e fare quello che ci piace si devono percorrere oltre 10mila chilometri, non ci si deve tirare indietro. Confucio diceva che anche i viaggi più lunghi cominciano con un passo »

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