Esami e contestazioni, Acerbo: «La mia Maturità, quando rifiutai la domanda su Gabriele D’Annunzio»

Il segretario di Rifondazione comunista: «Ecco come andò, fui promosso. Valditara fa politica-spettacolo, parli con gli studenti che polemizzano»
Si rifiutò di rispondere alle domande su Gabriele D’Annunzio all’esame di maturità. E oggi agli studenti ricorda le parole del suo preside: «Per fare il rivoluzionario bisogna studiare molto». Maurizio Acerbo, segretario nazionale del partito della Rifondazione comunista, 41 anni fa, agli esami di maturità, davanti alla commissione del Liceo scientifico Leonardo da Vinci di Pescara, decise di non rispondere alle domande sul Vate, ritenuto «guerrafondaio, nazionalista e protofascista». Lo ha ricordato proprio nei giorni scorsi, in un suo post sui social, dopo la notizia di alcuni studenti che si sono rifiutati di sostenere la prova orale della maturità.
Acerbo, dopo essersi rifiutato di rispondere alle domande su D’Annunzio venne promosso? Ritiene che il suo gesto di allora sia paragonabile alla scelta dei quattro studenti di oggi di non sostenere l’orale della maturità?
«Sì, venni promosso. Il commissario esterno – presidente di un’associazione dannunziana – la prese male e mi diedero un 51 (la votazione era in sessantesimi, ndc). Poi ho proseguito con Scienze politiche. Già all’epoca ero molto politicizzato, da anni militante comunista e attivista ecopacifista. Il mio era un rifiuto dell’esaltazione acritica che nella mia città è ancora dominante di un personaggio che ha svolto un ruolo assai nefasto nella storia del nostro Paese. Non so molto su questi studenti ma credo che ci sia forse un comune spirito ribelle. Non ho mai amato il giovanilismo e vorrei capire di più sulle motivazioni. Ho scritto il post per ironizzare sul ministro Valditara che fa politica-spettacolo. Poteva lasciare alle commissioni d’esame la valutazione».
Il ministro vuole introdurre una nuova norma per a dare un «forte messaggio in linea con la Costituzione» sul rispetto delle regole. Lei condivide questa interpretazione?
«Mai. La Costituzione è stata scritta da madri e padri costituenti che erano stati quasi tutti dei ribelli e al tempo stesso tra di loro c’era il meglio della cultura italiana. Invece di far politica-spettacolo annunciando nuove sanzioni, il ministro avrebbe dovuto interloquire con gli studenti, argomentare, aprire un dibattito. Valditara non ha titoli per ergersi a difensore della Costituzione. Con le sue linee guida sulla storia ha dimostrato di ignorare la Costituzione che all’articolo 33 proclama: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Invece Valditara e il governo Meloni cercano di imporre il proprio revanscismo e il revisionismo storico nelle scuole e nella cultura».
Valditara sottolinea l’importanza di insegnare ai giovani «modalità democratiche per cambiare le regole che non ci piacciono». Quali sono, a suo avviso, queste modalità?
«Il ministro di un governo che con il decreto sicurezza criminalizza la protesta sociale ha davvero poche lezioni da dare sulla Costituzione. Don Lorenzo Milani insegnava che l’obbedienza non è una virtù, la disobbedienza civile è il sale della democrazia che non è un sport per telespettatori, richiede una cittadinanza attiva e critica. Gli studenti non hanno violato nessuna norma. Se tra crediti, debiti e punteggio delle prove scritte hanno comunque diritto alla promozione la loro scelta sarà discutibile, ma non vanno bocciati».
Secondo lei, al di là dell’aspetto della protesta, quanto incide la pressione o la struttura dell’esame di maturità sul comportamento dei ragazzi?
«Secondo un grande pedagogista come Daniele Novara le motivazioni del rifiuto di questi studenti sono fondate. Non mi azzardo a fare l’esperto, però da tempo nella scuola si contesta la deriva manageriale e pseudomeritocratica introdotta dai governi dell’ultimo ventennio. Tra l’altro se il governo avesse davvero a cuore la qualità della formazione dovrebbe chiudere diplomifici e università telematiche private che invece protegge. Avete presente Bandecchi? Quale messaggio vorrebbe inviare ai giovani che si trovano ad affrontare esami o situazioni in cui sentono il bisogno di esprimere un dissenso? Ricordo solo la lezione del mio preside Michelino Petrarca al Liceo Da Vinci nel lontano 1979. Alla fine del primo quadrimestre venne a consegnarci in classe le pagelle. Avevo un quattro in matematica. Lui mi disse: Acerbo, per fare il rivoluzionario bisogna studiare molto. Nessun paternalismo e nessuna critica alle mie idee e all’attivismo. Anzi, rispetto. Non sono mai stato rimandato nei cinque anni delle scuole superiori».