Fas e infrastrutture, venerdì le firme

Imprenditori e sindacati: vanno definiti priorità e sistema di accesso ai finanziamenti

PESCARA. Stabilire una priorità sulle opere da finanziare, evitare che le scelte politiche sfocino in inefficaci interventi a pioggia, fare in modo che i finanziamenti siano subito fruibili. Dopo la riunione a Palazzo Chigi del Patto per lo sviluppo dalla quale l'Abruzzo è tornato con la consapevolezza di poter incassare i fondi Fas (612 milioni) che gli spettano dal 2007 e sul 20 per cento delle somme inserite nell'intesa generale quadro (206 milioni su 977), imprenditori e forze sociali premono affinché venga fatto al più presto un altro passo verso l'attivazione dei progetti. Così, mentre portano l'argomento all'interno delle organizzazioni, in attesa di incontrarsi di nuovo a livello regionale, aspettano che il governo metta la firma su quanto preannunciato nell'incontro di mercoledì con il sottosegretario Gianni Letta e i ministri Fitto e Matteoli.

L'appuntamento è per venerdì prossimo quando il consiglio dei ministri e quindi il Cipe daranno il via libera al programma Abruzzo. Per quel giorno le parti si stanno mettendo d'accordo affinché ci sia anche la firma sull'elenco delle infrastrutture (l'intesa quadro) a cui occorrerà assegnare, a causa delle attuali scarse disponibilità di Roma, la tabella delle priorità.

Un tema caro al ministro alle Infastrutture Matteoli il quale durante l'incontro con la folta delegazione abruzzese ha fatto capire della considerazione che Roma ha in particolare verso le opere stradali inserite nelle macroaree tipo Abruzzo-Marche-Molise, alludendo quindi al progetto della Pedemontana. Un contesto, quello dei primi 206 milioni, in cui può rientrare la variante dell'Aquila.

«Questo delle priorità è un discorso da affrontare», riconosce il governatore Gianni Chiodi cui piace ricordare anche l'importanza dei lavori per il sistema idrico integrato. «Intanto», riprende, «l'importante è aver avuto certezza che tutte le opere saranno finanziate, perché dopo i 206 milioni, il governo attiverà i tre-bond, titoli a reddito fisso per l'economia meridionale, che saranno emessi dalla banche a partire da ottobre con una ritenuta fiscale attorno al 5 per cento e quindi con un rendimento netto maggiore rispetto agli attuali titoli che hanno una ritenuta del 12-20 per cento».

Il capogruppo consiliare del Pd Camillo D'Alessandro ha ripetuto che con 206 milioni di euro non si fa competitività e che è sbagliato definire un «successo straordinario» quanto raccolto dall'Abruzzo a Roma. «Questo», osserva Chiodi, «è il momento meno favorevole nelle storia del Paese per quanto riguarda gli investimenti e c'è un momento di grande confusione dovuto al debito pubblico. È rispetto a questa situazione che ho espresso la mia grande soddisfazione perché quello che il Patto per lo sviluppo porta a casa non era affatto scontato».

Per l'attivazione dei Fas (612 milioni) il governatore ricorda che esiste un meccanismo ben preciso legato agli stati di avanzamento successivi ai bandi e alle selezioni. «Qui il problema è che il governo anticipa in media l'8 per cento dei fondi concordati e l'Abruzzo ha invece assolutamente bisogno di tutti quei soldi per poter ripartire, anche perché li aspetta dal 2007», ha detto D'Alessandro. Facendo due conti l'8 per cento di 611 milioni equivale all'incirca a 50milioni. Pochi? Non è tanto la cifra a spaventare Chiodi quanto il meccanismo che dev'essere rendicontato: «E' una somma più che sufficiente per avviare il sistema finanziario, di cassa: prima si parte con gli impegni di spesa poi, mano a mano, c'è un tiraggio di cassa automatico. Chi dice che funzionano in modo contrario ciurla nel manico».

A questo meccanismo è legato l'interesse degli imprenditori. Il presidente Confindustria Abruzzo Mauro Angelucci, presente alla riunione di Roma, non nasconde che agli industriali preme sapere come rendere concreti i progetti: «E' un tema che sarà affrontato dal Patto per cui sono necessari altri confronti. A breve tra l'altro ci sarà la riunione con il ministro Romani per parlare del Masterplan». Ma Angelucci fa anche un'altra osservazione che, dopo l'incontro di Roma, sembra lontana dall'ultimatum che l'associazione aveva lanciato alla Regione («O si muove o usciamo dal Patto»): «Di certo, da parte nostra, non c'è alcun interesse a prevalere sulle altre associazioni che compongono il Patto».

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