Il condannato Boschi insiste: non mi sento affatto colpevole

Selvaggi: si getta alle ortiche il lavoro dei sismologi Amato (Ingv): la sentenza è un salto indietro di anni
L’AQUILA. La «scienza», ufficiale e non, fa di nuovo muro contro la sentenza del giudice Billi e le sue motivazioni. Più che mai perplessi i sismologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). «Non mi sento assolutamente colpevole», ha detto l’ex presidente dell’Ingv, Enzo Boschi, aggiungendo: «non penserà, il giudice, che dopo aver denunciato per anni la sismicità del territorio italiano, avrei detto improvvisamente che all’Aquila non c’è rischio?». Per un altro dei ricercatori condannati, l’ex direttore del Centro Nazionale Terremoti Giulio Selvaggi, la sentenza «getta alle ortiche il lavoro di generazioni di sismologi e ingegneri sismici in quanto viene oscurato il valore, cui abbiamo sempre creduto, della prevenzione come strumento fondamentale per difendersi dai terremoti». Dichiarazioni che incassano la solidarietà del presidente dell’Ingv Stefano Gresta «intimamente convinto della buona fede dei colleghi». L’ente afferma in una nota che «l’allarme e la comunicazione del rischio erano stati chiaramente dati, per le proprie competenze, dai sismologi». Questi ultimi hanno infatti «elaborato e messo a disposizione del Paese la mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale, la cui ultima versione, aggiornata nel 2006 è legge dello Stato». La mappa, che «era ed è ben nota», mostra chiaramente che «L’Aquila ricadeva in una zona ove la pericolosità sismica è massima, indipendentemente dal fatto che ci fossero o meno delle sequenze sismiche in atto». Tutto questo «è stato discusso nella riunione del 31 marzo del 2009», rileva l’Ingv.
«Gli interventi di prevenzione vanno fatti negli anni: avrebbero dovuto cominciare tra gli anni Settanta e Ottanta, quando sono stati fatti i primi grandi progetti sulla riduzione del rischio», osserva il direttore del Centro nazionale terremoti Alessandro Amato. «La prima carta di pericolosità sismica è del 1984 e in questi 30 anni sarebbe stato possibile fare molto. Non si tratta di buttare giù le città, ma è comunque possibile fare interventi efficaci». Bisogna, insomma, «ragionare con un’ottica di lungo termine. Non si può spostare l’attenzione sul breve termine. La sentenza è un salto indietro di anni».
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