Il governo: no alla legge anti-pozzi

L’esecutivo impugna la norma regionale che blocca il Centro oli.

PESCARA. Il governo ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale che limita gli interventi di ricerca ed estrazione di idrocarburi in Abruzzo e che blocca in particolare la realizzazione del Centro Oli dell’Eni a Ortona, l’impianto di prima raffinazione del greggio estratto dai pozzi abruzzesi.
È la seconda volta che il governo blocca una legge della Regione su questo argomento. È la stessa avvocatura dello Stato a ricordarlo citando la legge regionale 14/2008, approvata all’unanimità dal consiglio regionale e impugnata dall’esecutivo nazionale (si tratta della legge che bloccava fino al 31 dicembre 2009 la realizzazione del Centro oli).

Per il governo la nuova legge 32/2009 di iniziativa della giunta Chiodi e approvata il 18 decembre scorso dal Consiglio regionale riproduce tutte illegittimità della 14/2008.
La legge vieta nello specifico qualsiasi ricerca o estrazione di idrocarburi nelle «aree protette naturali e marine», nelle «aree sottoposte ai vincoli dei beni ambientali o ricadenti nel Piano paesaggistico», nei «Siti di interesse comunitario (Sic)» e «nelle Zone di protezione speciale (Zps) e negli altri siti di interesse naturalistico», nelle aree che rientrano «nelle categorie di pericolosità elevata e molto elevata e nelle classi di rischio elevato e molto elevato del Piano regionale per l’assetto idrogeologico»; nelle «aree sismiche classificate come “zona 1” e “zona 2” individuate dalla Regione, nelle «aree agricole destinate alle coltivazioni ed alle produzioni vitivinicole, olivicole, frutticole di pregio, docg, doc, igt, dop».

Si tratta di un fuoco di sbarramento contro le attività petrolifere che il governo ha dunque respinto al mittente, come ha fatto con la legge del Molise che ha limitato gli impianti eolici (la Corte Costituzionale ha accolto l’opposizione del governo) e come sta facendo con le leggi regionali di Campania, Puglia e Basilicata contro la realizzazione di centrali nucleari.
La tesi centrale del governo è che le «attività industriali relative al settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che è materia regolata dal diritto comunitario», e «da norme statali». Di conseguenza la Regione non può stabilire «divieti generalizzati» a queste attività che sono, tra l’altro, di «preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti».

Il governo contesta anche il vincolo urbanistico previsto dalla norma, perché «nelle disposizioni statali», si prevede «che le opere e gli impianti necessari alla ricerca e alla coltivazione vengono dichiarati di pubblica utilità e comportano l’eventuale effetto di variante urbanistica».
Dunque si avverano le previsioni di opposizione e ambientalisti che all’indomani dell’approvazione della legge avevano contestato alcune imprecisioni contenute nella norma. In realtà il governo è andato più a fondo nella contestazione ribadendo un principio di fondo evidentemente non emendabile: e cioè che in materia di energia e di ricerca energetica la competenza resta di stretta osservanza statale. L’altro principio è quello della libertà d’intrapresa industriale.