MORTI BIANCHE

Infortuni sul lavoro, l'Abruzzo fra le regioni con i numeri più alti

La mappatura completa del rischio per i lavoratori realizzata dall'Osservatorio Vega Engineering per il 2023 e al netto dei numerosi  incidenti che si sono verificati quest'anno

PESCARA. Con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 34,6 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) l'Abruzzo è tra le regioni a maggior rischio di infortunio mortale nel 2023. 

E' quanto emerge dalla mappatura realizzata dall'Osservatorio Vega Engineering che pone l'Abruzzo in zona rossa insieme ad Umbria, Basilicata, Puglia, Molise, Campania e Calabria.

In zona arancione: Sicilia ed Emilia Romagna. In zona gialla: Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Veneto, Sardegna, Lombardia, Liguria e Trentino Alto Adige. Le regioni più sicure, in zona bianca, sono: Lazio, Toscana e Valle d’Aosta.

Nel report si legge che nel 2023 diminuiscono gli infortuni ma crescono i morti e i lavoratori stranieri sono soggetti ad un rischio di infortunio mortale più che doppio rispetto agli italiani. Il settore delle costruzioni è quello in cui si conta il maggior numero di morti: 150 vittime.

Con 1.041 morti si chiude dunque il bilancio 2023 nel nostro Paese. E così l'Osservatorio che, da 15 anni si occupa di monitorare l’emergenza in Italia, passata l’onda del Covid, registra nell'anno appena terminato un aumento degli infortuni del +1,1% rispetto al 2022.

In una nota si legge che "Ciò significa che i lavoratori nella loro quotidianità lavorativa non sono abbastanza tutelati. Si assiste per contro ad una significativa diminuzione degli infortuni mortali in itinere rispetto al 2022 (-19,3%), probabilmente conseguenza del maggior ricorso al lavoro in smartworking avvenuto in questi anni post pandemia. Un risultato confortante, certamente, ma che non si identifica con un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori nella nostra penisola. Per questo non possiamo fare altro che constatare il perdurare di un’emergenza che, alla stregua di una piaga infetta, non accenna a rimarginarsi”.

Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering di Mestre, analizza così i dati degli infortuni sul lavoro relativi all’anno appena trascorso e aggiunge che “Anche a fine 2023 rimane alta la preoccupazione per i lavoratori stranieri: una categoria che si conferma soggetta ad un rischio infortunistico molto più elevato, con un’incidenza infortunistica ben superiore alla media nazionale, in ragione spesso di una non adeguata formazione sulla sicurezza. La formazione, infatti, rimane sempre uno dei principali fattori per ridurre gli infortuni, ma evidentemente dobbiamo riuscire ad incidere in modo molto più efficace anche sui lavoratori stranieri, superando le frequenti difficoltà legate alla comprensione della nostra lingua e ad un background culturale molto diverso dal nostro”.

L’Osservatorio Sicurezza Vega individua anche l’identikit dei lavoratori più a rischio per fascia d’età. E lo fa sempre attraverso le incidenze di mortalità. Per chi ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni, ad esempio, il rischio di morire sul lavoro è ben superiore rispetto ai colleghi che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni (27,9 infortuni mortali ogni milione di occupati contro i 16,2). Un dato, quest’ultimo, che continua ad essere ancor più preoccupante tra i lavoratori più anziani; e infatti l’incidenza più elevata si registra proprio nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (138,3), seguita dalla fascia di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni (60,7).

 Intanto, anche gli stranieri morti sul lavoro, da gennaio a dicembre 2023, sono 155 su 799. Con un rischio di morte sul lavoro che risulta essere più che doppio rispetto agli italiani, gli stranieri, infatti, registrano 65,3 morti ogni milione di occupati, contro i 31,1 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati. 

Sono 1.041 le vittime sul lavoro in Italia, delle quali 799 morti bianche (+1,1% rispetto a dicembre 2022) e 242 in itinere (-19,3% rispetto a dicembre 2022). Ancora alla Lombardia va la maglia nera per il maggior numero di vittime (133). Seguono: Campania (75), Veneto (72), Emilia Romagna (70), Puglia (62), Piemonte (61), Lazio (59), Sicilia (52), Toscana (33), Abruzzo (31), Calabria (24), Marche (22), Umbria (21), Friuli Venezia Giulia, Liguria e Sardegna (18), Trentino Alto Adige (14), Basilicata (10), Molise (5) e Valle d’Aosta (1). 

Il settore delle costruzioni si conferma a fine 2023 quello in cui sono avvenuti più infortuni mortali (150), seguito dal settore dei Trasporti e Magazzinaggio (109), dalle Attività Manifatturiere (101) e dal Commercio (64).

La fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (292 su un totale di 799). Le donne che hanno perso la vita, da gennaio a dicembre 2023,  sono 55, mentre 31 hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro. Gli stranieri deceduti sul lavoro sono 155, mentre sono 49 quelli deceduti a causa di un infortunio in itinere.

Il lunedì risulta il giorno più luttuoso della settimana, ovvero quello in cui si sono verificati più infortuni mortali nel 2023 (19,5%).

Le denunce di infortunio totali (mortali e non mortali) sono in diminuzione del 16,1% rispetto a fine dicembre 2022. Erano, infatti, 697.773 a fine dicembre 2022, nel 2023 sono scese a 585.356. E il decremento risulta essere sempre maggiormente rilevante, come del resto nei mesi precedenti, nel settore della Sanità.

Nel 2022, a fine dicembre, le denunce erano 84.327 mentre a fine dicembre 2023 sono diventate 41.171. Il decremento è dovuto alla “quasi totale estinzione” degli infortuni connessi al Covid dalle statistiche.

Anche a fine 2023, il più elevato numero di denunce totali arriva dalle Attività Manifatturiere (74.376); seguono: Sanità (41.171), Costruzioni (36.196), Trasporto e Magazzinaggio (33.855) e Commercio (31.824).

Le denunce di infortunio delle lavoratrici da gennaio a dicembre 2023 sono state 207.484, quelle dei colleghi uomini 377.872. Le denunce di infortunio sul lavoro (esclusi dunque gli infortuni in itinere) sono state 491.165 da gennaio a dicembre 2023: sono 329.336 gli uomini e 161.829 le donne.

Le denunce di infortunio sul lavoro degli italiani sono 391.442, mentre degli stranieri sono 99.741. La fascia più colpita in occasione di lavoro e in itinere è quella che va dai 45 ai 54 anni con 135.547 denunce (il 23,2% del totale).

Sempre allarmante il dato relativo alle denunce degli infortuni dei giovanissimi. Fino ai 14 anni si rilevano 50.546 denunce (circa l’8,6% del totale).

L’incidenza degli infortuni mortali indica il numero di lavoratori morti durante l’attività lavorativa in una data area (regione o provincia) ogni milione di occupati presenti nella stessa. Questo indice consente di confrontare il fenomeno infortunistico tra le diverse regioni, pur caratterizzate da una popolazione lavorativa differente. 

La zonizzazione utilizzata dall’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega Engineering dipinge il rischio infortunistico nelle regioni italiane secondo la seguente scala di colori: Bianco: regioni con un’incidenza infortunistica inferiore al 75% dell’incidenza media nazionale Giallo: regioni con un’incidenza infortunistica compresa tra il 75% dell’incidenza media nazionale e il valore medio nazionale Arancione: regioni con un’incidenza infortunistica compresa tra il valore medio nazionale e il 125% dell’incidenza media nazionale Rosso: regioni con un’incidenza infortunistica superiore al 125% dell’incidenza media nazionale.

Anche il egretario del Cgil d'Abruzzo Molise Francesco Spina e il coordinatore regionale Inca Cgil Abruzzo Molise Mirco D'Ignazio intervengono con una nota ricordando che nel 2023 in Abruzzo 36 persone hanno perso la vita lavorando.

Nel comunicato stampa si legge: "Un dato drammatico e superiore a quello già tragico del 2022 quando a morire furono in 21. Un trend inverso rispetto all’andamento degli infortuni sul lavoro scesi dai 15.686 del 2022 ai 12.112 del 2023.

Le vittime, in tutti i casi maschi (28 di nazionalità italiana ed 8 stranieri), sono state 13 nelle province di Teramo e Chieti, 8 in quella di Pescara e 2 all’Aquila. L’edilizia, con 7 morti, ha fatto registrare il maggior numero di casi, seguita dai settori dell’industria chimica, dell’agricoltura e del commercio in cui si sono contate 5 vittime ciascuno. 31 gli incidenti avvenuti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre 5 durante il percorso casa-lavoro. Dai dati INAIL, poi, emerge che diversa è la situazione generale degli infortuni che diminuiscono del 23%, facendo registrare un calo in tutte le province (442 in meno in provincia dell’Aquila, 1.300 a Teramo, 558 a Chieti e 1.235 a Pescara).

Poco meno del 20% di questi si registra nei servizi sanitari (in particolare negli ospedali e nelle case di cura e nell’assistenza), più del 10% nell’edilizia e circa l’8% in agricoltura. Dei complessivi 12.112 incidenti, che hanno visto coinvolti 7.236 uomini e 4.876 donne, l’88% è avvenuto in azienda durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il 12% in itinere, ovvero nel trasferimento da casa al posto di lavoro.

I dati degli infortuni evidenziano una situazione inaccettabile: nonostante tutte le opportunità che oggi la tecnologia offrirebbe rispetto a migliori e più efficaci misure di sicurezza, sono sempre di più le persone che muoiono sul lavoro e sempre più gravi gli incidenti che occorrono. Numeri che evidenziano tutte le criticità ed i limiti del mondo del lavoro in Abruzzo, rimarcando la necessità di politiche nazionali e regionali che riducano la precarietà e le forme flessibili come i lavori a chiamata, somministrazione spinta, utilizzo crescente dei voucher , ricorso massiccio ai sub appalti.

Così come è necessario rafforzare il sistema dei controlli attraverso l’aumento del personale degli enti preposti per contrastare quelle imprese che non rispettano i dettami legislativi e, risparmiando sull’adeguamento normativo, producono possibili rischi per la vita e la salute dei lavoratori oltre che una concorrenza sleale verso quelle aziende che invece correttamente investono nella sicurezza.

Necessario poi formare e aggiornare i lavoratori in maniera permanente dedicando ore specifiche durante il regolare lavoro e prevedere controlli annuali mirati sul territorio in più ambiti lavorativi e un piano regionale di interventi da attivarsi come previsto dal Dl 81.

Investimenti in sicurezza ed innovazioni tecnologiche, rispetto di leggi e contratti, maggiori controlli e risorse agli enti ispettivi, lavoro stabile e sicuro, formazione, coinvolgimento delle parti sociali e contrattazione, attenzione della politica nazionale e locale sul tema: questi gli elementi necessari perché il lavoro smetta di essere causa di morte e diventi solo strumento di crescita economica e sociale".