L’antica Aveia al centro degli studi dopo il terremoto

I resti di una semitorre, databile al primo secolo dopo Cristo, costituiscono il rinvenimento più importante scoperto dagli archeologi di tre università, impegnati l’estate scorsa sul sito dell’antica Aveia, città romana nel territorio di Fossa. La presenza della struttura fu svelata dai sondaggi compiuti lungo la cinta muraria sud-orientale della città. La torre serviva durante gli assedi come camera di lancio per catapulte o altre macchine da guerra?

Era il riparo per il corpo di guardia? O era una torre al fianco di una porta della città? L’archeologia è fatta di misteri da svelare, e questi interrogativi avranno una risposta probabilmente l’estate prossima, con una nuova campagna di scavo. Intanto, nei giorni scorsi, nella sede di Banca Tercas, a Teramo, Fabrizio Pesando, professore associato di Archeologia classica nell’università di Napoli L’Orientale, ha tenuto una conferenza per illustrare i risultati delle ricerche effettuate nell’estate 2009 ad Aveia e l’anno prima ad Alba Fucens, entrambe realizzate con il contributo economico di Banca Tercas.

Già nel calendario artistico 2009 della banca teramana erano stati raccontati gli scavi recenti di Alba Fucens, il maggiore sito archeologico abruzzese, nonché uno dei più importanti dell’Italia centrale.
La conferenza ha focalizzato l’attenzione sulla campagna di scavo dell’estate 2009, voluta dal mondo accademico e dalla Sovrintendenza anche per un forte significato simbolico.
Poco più di un mese dopo il terremoto del 6 aprile, con la voglia di mettersi subito al lavoro per dare un contributo alla rinascita, si formò infatti l’équipe di ricerca «Un impegno per l’Abruzzo». Ne facevano parte docenti di archeologia delle università di Foggia, Chieti-Pescara, Napoli: José Strazzulla, Maria Carla Somma, Fabrizio Pesando diedero vita a un comitato per le ricerche archeologiche nell’area di Fossa, in territorio aquilano, con il coordinamento di Adriano la Regina per l’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte.

Dunque l’attenzione degli archeologi si concentrò proprio su una delle zone più colpite dal sisma. Fra le località devastate dal terremoto Fossa è infatti quella che ha restituito le tracce più significative di una storia millenaria. In poco meno di tre chilometri quadrati sono testimoniati tremila anni di storia: la necropoli dei Vestini, molto danneggiata dal sisma del 6 aprile; l’insediamento pre-romano del Monte Cerro; la città romana di Aveia; il borgo medioevale di Fossa.

I nuovi scavi ad Aveia sono stati condotti dai docenti con il coinvolgimento di giovani laureati e studenti, alloggiati per più di un mese nella tendopoli del Comune di Fossa. Lo studio si è concentrato sulle mura di Aveia, identificando e pulendo dai rovi tutti i resti murari della parte alta della città. Nella zona bassa è stata invece individuata la semitorre. Nel corso della conversazione Pesando ha anche ricordato i ritrovamenti dell’anno precedente ad Alba Fucens, con la scoperta di una seconda Venere, un’elegante statuetta marmorea che ritrae la dea nell’atto di slacciarsi un sandalo, e dei frammenti di un vaso del quarto secolo avanti Cristo, a figure rosse, di scuola campana, che fa intuire la presenza di una classe locale facoltosa, in grado di ordinare pezzi a botteghe rinomate ma lontane.

«L’impegno a Fossa, da parte dell’équipe del Dipartimento del mondo classico dell’Università Orientale, continuerà anche nei prossimi anni» ha detto Fabrizio Pesando, «con l’auspicio di contribuire alla rinascita di un territorio di straordinaria bellezza, attraverso il recupero della storia dei popoli che vi hanno vissuto e vi si sono succeduti nel tempo».