L’Aquila non ha zone pericolose Tutta la città è edificabile

27 Gennaio 2010

La microzonazione, che ha coinvolto 150 esperti del settore, ha disegnato la mappa dei differenti livelli di pericolosità sismica locale

L’AQUILA. La mappa del pericolo è pronta: evidenzia che «nell’Aquilano non ci sono zone significative dove non costruire case» e conferma che più che terreni fragili c’erano edifici troppo fragili. La mappa è quella della microzonazione sismica nel «cratere» ed è frutto di uno studio iniziato a maggio dell’anno scorso.

Lo studio, promosso e coordinato dal dipartimento della Protezione civile in collaborazione con la Regione Abruzzo, ha visto il coinvolgimento di circa 150 ricercatori e tecnici di nove Università italiane (L’Aquila, Chieti-Pescara, Genova, Politecnico di Torino, Firenze, Basilicata, Roma La Sapienza, Roma Tre, Siena), di otto istituti specializzati (Cnr, Ingv, Agi, ReLuis, Ispra, Enea, Ogs, Gfz-Postdam), nonché di Regioni e Province autonome (Abruzzo, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana e Provincia di Trento).

Da questa ricerca emerge che «nel cratere sismico aquilano non ci sono porzioni significative di territorio in cui sia da escludere l’edificabilità, né dissesti superficiali e cavità sotterranee pure diffuse (come nel caso delle sinkole nei pressi del lago Sinizzo a San Demetrio ne’ Vestini) sembrano aver contribuito in termini di pericolosità alle accelerazioni del moto del suolo subite in seguito al terremoto del 6 aprile». Attraverso la microzonazione sismica, però, sono stati individuati i «differenti livelli di pericolosità sismica locale» legati alle caratteristiche litostratigrafiche e morfologiche dell’area e a fenomeni di instabilità e deformazione permanente, quali frane, fratturazioni superficiali e liquefazioni del terreno.

Lo studio ha tenuto conto anche del danneggiamento nella zona epicentrale del sisma, determinato, oltre che dalla magnitudo, anche dalla direzione di propagazione della rottura e dalla geologia dei terreni. L’amplificazione delle onde sismiche, per esempio, è stata maggiore dove in superficie affiorano sedimenti soffici, quali depositi alluvionali o terreni di riporto. Come nel caso di Onna.

«La mappa», anticipa Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico del dipartimento di Protezione civile, «evidenzia che non ci sono porzioni significative di territorio in cui escludere l’edificabilità. Ma per costruire in sicurezza, in futuro, si dovrà quindi tenere conto della microzonazione, utilizzando tecniche e tecnologie specifiche in base alle località prescelte. Più aumenta il grado di rischio, più devono essere selettivi i criteri di costruzione. Perché delle zone erano state escluse dal progetto Case? Nessun mistero. Avevamo la necessità di lavorare con celerità in aree più facili».

Lo studio sulla microzonazione è fra i più dettagliati mai condotti in Italia. Uno studio che però può ripagare solo in parte gli errori del passato. Perché gli errori sono stati commessi. Come nel caso di più palazzine costruite all’Aquila in un passato non troppo remoto. Già uno studio dell’Ingv, inoltre, aveva evidenziato che molti crolli avevano riguardato l’edilizia monumentale ma anche strutture in pietra dove erano state realizzate coperture o sopraelevazioni in cemento armato.

Resta poi da capire perché L’Aquila, colpita da potenti e devastanti terremoti nei secoli scorsi, era inserita nella seconda fascia della classe sismica e non nella prima dove i criteri di costruzione sono molto più rigidi e costosi. La mappa della microzonazione verrà illustrata nel dettaglio domani alle 11 nella sala stampa della Scuola della guardia di Finanza a Coppito.