L’orso colpito da 30 metri. A segno quattro pallettoni

Le prime verifiche contraddicono il racconto dello sparatore E il paese si divide alle prese con le scorribande di altri due plantigradi

PETTORANO SUL GIZIO. Non avrebbe detto la verità. Almeno per quanto riguarda la dinamica del ferimento mortale dell'orso. Il colpo di fucile contro il plantigrado sarebbe stato sparato da una distanza di circa trenta metri e non da pochi metri come invece, sostiene Tonino Centofanti, l'operaio Enel di 61 anni reo confesso di aver sparato accidentalmente all'animale. Una contraddizione che mette in discussione la sua confessione resa davanti al magistrato titolare delle indagini portate avanti dal corpo forestale dell'Aquila. E che potrebbe aggravare non di poco, la sua posizione nell'inchiesta che lo vede indagato per uccisione di animale di specie protetta con un colpo di arma da fuoco. Centofanti nella sua ricostruzione ha affermato di essere uscito di casa con il fucile per difendersi da un eventuale attacco dell'orso che gli stava svuotando il pollaio. «Me lo sono trovato davanti a non più di cinque metri», avrebbe detto al magistrato nelle dichiarazioni spontanee rese dopo essere stato messo alle strette dai forestali, «si é alzato sulle gambe posteriori, ho avuto paura e indietreggiando ho inciampato. Proprio in quel momento è partito accidentalmente il colpo. Non pensavo di averlo centrato perché quando mi sono ripreso, l'orso non c'era più». Se avesse raccontato la verità, il colpo di fucile avrebbe ucciso immediatamente l'animale centrandolo nella parte anteriore. Invece dall'esame necroscopico in corso nell'istituto zooprofilattico di Grosseto è emerso che solo quattro dei dieci pallettoni che compongono la cartuccia utilizzata solitamente per la caccia al cinghiale, sono finiti a segno e a distanza l'uno dall'altro. I colpi sono poi entrati nel fianco sinistro posteriore del plantigrado che in quel momento dava le spalle a chi gli stava sparando e non la fronte come invece sostiene il 61enne. Una responsabilità colposa che potrebbe, a questo punto, essere messa in discussione dai dati e dai risultati delle analisi. E che si rifletterebbe pesantemente sul capo di imputazione che la procura si appresta a formalizzare nei prossimi giorni. Intanto resta alta la tensione tra i residenti di Pettorano sul Gizio, ancora alle prese con le scorribande dei due orsi che continuano a girare per le campagne mettendo a soqquadro le stalle e i pollai della zona. L'ordinanza del ministero dell'Ambiente che, dopo il caso dell'orsa Deniza, ha vietato l'uso di narcotizzanti per l'applicazione agli orsi del radio collare, ha di fatto complicato ancora di più la situazione. Con il paese diviso a metà tra chi chiede l'allontanamento degli orsi e chi ne chiede la tutela della presenza ma nella Riserva del Monte Genzana. Ieri in un'assemblea pubblica è stato costituito il neo comitato “Dalla parte dell'orso”, mentre l'altro comitato continua a chiedere che i due orsi siano allontanati e riportati nel loro areale naturale del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. «Per tutelare la salute degli orsi e quella delle persone», ribadisce il portavoce Domenico Ventresca.

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