Lingua blu, è emergenza: ora i focolai salgono a 231

22 Agosto 2025

Dal primo caso a giugno a Carsoli l’epidemia si è diffusa in tutta la regione. Ma le linee guida della Asl non cambiano: la vaccinazione rimane opzionale

PESCARA. Duecentotrentuno. È questo il numero di focolai attualmente registrati in Abruzzo di blue tongue, la febbre catarrale degli ovini che da fine giugno sta falcidiando gli allevamenti della regione. Il primo caso è stato registrato a Carsoli lo scorso 18 giugno, ma in appena due mesi l’epidemia si è diffusa in tutte le province, con il Teramano che continua a essere la zona più colpita. Ma la malattia non risparmia nessuno: da Cortino a Roccaspinalveti, passando per Scanno e Collelongo, oggi è diffusa a macchia d’olio su tutto il territorio. Il risultato è che una tra le filiere più identitarie per l’Abruzzo, che conta un patrimonio di quasi 200mila pecore, è in ginocchio. Coldiretti Abruzzo aveva lanciato subito l’allarme, parlando di un settore «già in crisi, a cui la lingua blu rischia di dare il colpo di grazia».

Nonostante il progressivo peggioramento della situazione, però, le linee guida pubblicate dalla Asl lo scorso 4 luglio (quando i focolai registrati erano circa un terzo di quelli attuali) sono rimaste inalterate: la vaccinazione è ancora opzionale (e a carico degli allevatori), così come l’utilizzo di pesticidi per contrastare il moscerino vettore della malattia, che diventa obbligatorio solo nel caso di infezione confermata o sospetta. Recentemente, la Camera di commercio del Gran Sasso ha promosso un bando da 100mila euro per aiutare le imprese colpite dal virus. I ristori, però, non arginano la diffusione della malattia.

CRONISTORIA DI UN’EPIDEMIA

L’istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo fornisce un database aggiornato sullo stato di evoluzione della malattia. Per rintracciare il primo caso del 2025 bisogna riavvolgere il nastro fino allo scorso febbraio, quando un bovino era risultato positivo al virus. «Nessun allarme, è un caso isolato», si diceva allora. I mesi successivi, però, hanno raccontato una storia diversa. A giugno la malattia è tornata a manifestarsi. E questa volta con molta più forza. Il 18 del mese vengono registrati due casi a Carsoli, nell’Aquilano. Cinque giorni dopo, i focolai salgono a dieci. Sono tutti in provincia di Teramo, tra Crognaleto, Cortino, Campli, Valle Castellana e Rocca Santa Maria. La paura comincia a serpeggiare tra gli allevatori: Coldiretti Abruzzo mette in guardia la Regione, chiedendo di intervenire a sostegno della filiera, montano le prime proteste, ma non viene fatto nulla. E così alla fine del mese i focolai sono oltre 50 e diffusi su tutto il territorio. Il primo caso nel Chietino si registra a Roccaspinalveti, nel Pescarese a Carpineto della Nora. Oggi i focolai sono 231 si può dire che il virus abbia fatto breccia dappertutto. A conferma di ciò, basta guardare dove sono stati registrati gli ultimi casi. Farindola, Campotosto, Pizzoferrato e Castelli: una località per ogni provincia.

LE PREVISIONI DELL’ISTITUTO

La situazione epidemica attuale rispecchia lo scenario di evoluzione della malattia ipotizzato un mese fa dal direttore dell’istituto zooprofilattico di Teramo Giacomo Migliorati e definito «il peggiore possibile». Contattato dal Centro, Migliorati ha ribadito come la vaccinazione sia «l’unica risposta possibile alla malattia».

UN CASO NAZIONALE

La blue tongue si è ormai diffusa in gran parte del territorio nazionale, ma è in Abruzzo che la situazione appare particolarmente grave, visto che da solo ospita più del 25% dei focolai registrati in Italia. Angela Saba, presidente della Federazione di prodotto allevamenti ovicaprini di Confagricoltura, ha lanciato l’allarme: «Chiediamo alle istituzioni di mettere in campo misure di coordinamento su tutto il territorio nazionale. A partire da piani di vaccinazione mirati e con copertura di tutti i costi a carico degli allevatori». Saba poi si è soffermata sulle misure di sostegno da adottare: «Sarebbe necessario dar vita immediatamente a interventi di prevenzione e di aiuto per le spese effettuate per l’acquisto e l’utilizzo di repellenti contro gli insetti vettori. E poi sono senza dubbio da prevedere indennizzi per le perdite dirette e indirette subite dagli allevamenti colpiti, inclusa la mancata produzione e i costi per il ripristino del patrimonio zootecnico». Insomma, l’epidemia si allarga oltre i confini della regione, minacciando l’intera filiera italiana, ma è qui in Abruzzo che sta facendo più male. E la situazione non sembra migliorare.