Mancato allarme «Da Bertolaso aspettiamo risposte»

L’AQUILA. In questi giorni il capo della Protezione civile Guido Bertolaso ha avuto certamente altro a cui pensare (fra inchieste giudiziarie, polemiche politiche e nuove emergenze) ma chi il sei aprile sotto le macerie ha perso non solo i beni materiali ma tutta la sua vita non molla.

Da mesi due papà (e a loro mi aggiungo anch’io) attendono dal capo della Protezione civile una risposta alla seguente domanda: prima del terremoto del sei aprile è stato fatto tutto il possibile da parte di chi doveva tutelare la pubblica incolumità per evitare la tragedia? Oppure a forza di rassicurare - in particolare dopo la riunione del 31 marzo della commissione grandi rischi - agli aquilani è stata tolta «la paura del terremoto» con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti?

Ieri Vincenzo Vittorini e Massimo Cinque due medici che in pochi secondi hanno perso la loro famiglia, sono tornati a scrivere e a porre di nuovo domande a Guido Bertolaso che ad agosto al Centro aveva detto: a fine anno dirò tutto quello che so su quei mancati allarmi.
«Dottor Bertolaso» scrivono Vittorini e Cinque «dopo 15 giorni dalla pubblicazione della nostra lettera aperta a lei, in qualità di Capo della Protezione Civile, in cui le ponevamo delle domande a seguito degli atroci dubbi che abbiamo da quella notte maledetta, ebbene non una risposta, non un cenno. Il nulla.

E’ vero, ora purtroppo noi, sopravvissuti al sisma, siamo il nulla dal punto di vista umano. Mentre vale tutto ciò che ha a che fare con il denaro, il Dio denaro. E’ vero che lei ed il dipartimento che dirige, da giorni, siete sotto un ciclone. Ma oggi abbiamo trovato sul sito della Protezione Civile una lettera aperta ai suoi uomini in cui spiega gli avvenimenti e in cui fa una sua accorata difesa, definendosi “un alluvionato”.

Noi come dovremmo sentirci? Ebbene perché non usare lo stesso mezzo per rispondere a due uomini, tra l’altro suoi colleghi, un chirurgo ed un pediatra ospedaliero che quotidianamente si assumono le proprie responsabilità dinanzi ai loro piccoli e grandi pazienti, ma soprattutto mariti e padri di famiglie distrutte dal mostro di quella notte? Ma forse è vero e giusto così. Il rispetto dell’altro in quanto essere umano non è di questa società, dove il rispetto si dà solo a chi muove ed è mosso dal Dio denaro.

Ed allora passa in secondo piano il nostro dolore. Lei invece giustamente rivendica il suo dolore in questa vicenda che la coinvolge. La nostra è ricerca della verità per quanto successo prima delle 3.32 del 6 aprile scorso; su come si è gestita una “situazione difficile”, quella aquilana, nei mesi precedenti al mostro. Ma la mancanza di risposte alle nostre domande potrebbe anche essere una tacita ammissione di una gestione sbagliata del prima. Altrimenti cosa dobbiamo credere leggendo l’incartamento tra lei e Boschi e le ultime intercettazioni sul “caso Giuliani”.

La nostra ricerca della verità sul prima non deve suonare come ricerca di vendetta, di risarcimento danni, di polemiche sterili, di faziosità politica. Nessuna vendetta, nessun risarcimento, nessuna polemica, nessuna faziosità ci muovono e ridaranno a noi ed alle altre famiglie, duramente colpite, gli affetti più cari. Ma la nostra ricerca della verità è animata solo dal provare a cambiare la mentalità di questo nostro Paese dove tutto si cerca di affrontare solo dopo che le tragedie sono avvenute.

Si badi bene, si cerca, perché poi non si fa nulla né prima né dopo per la prevenzione, laddove è possibile. Non chiediamo miracoli. Ma una accorta gestione delle situazioni per evitare le tragedie e forse “le morti annunciate”. Il nostro è il Paese degli scandali, del sottobosco, degli scaricabarile, della non assunzione di responsabilità, del “tanto le cose vanno così” delle intercettazioni e dei salotti televisivi dove tutti si ergono a paladini della giustizia; poi, chiuso il sipario, tutti tornano a recitare il proprio ruolo nella nostra società.

Società che è basata fondamentalmente sulla totale assenza del rispetto dell’altro. Ma, badate, l’altro siamo noi; ognuno di noi può diventare l’altro: bastano 20 secondi per trasformarti in un nulla. Ma non bisognerebbe passare per dei drammi per capire le cose. Bisogna esserne capaci a priori. Deve essere la caratteristica di ogni uomo. Ed allora siamo a chiederle ancora una risposta alle nostre domande affinché il nulla in cui siamo sprofondati non diventi mai più il nulla per nessun altro nel nostro Paese.

Affinché non siano il nulla i nostri cari che un mostro “annunciato” si è portato via quella notte di dieci mesi fa. Affinché il nostro Paese possa essere quello da cui parta una vera campagna per cambiare la mentalità. La gazzarra affaristica che si è aperta sul nostro dramma è indegna» concludono Vittorini e Cinque «come indegne le risate di “non uomini”.

Forse la verità, vera e detta sempre, metterebbe fine alle illazioni, alle chiacchiere, alle dicerie ed ai processi sommari. Resettiamoci allora tutti per dare ai nostri ragazzi, il nostro futuro, una società migliore e per far sì che le nostre Stelle non siano morte invano».