Petrolio, l’altolà delle Province

Gli assessori all’Ambiente preoccupati: le ricerche non sono un diritto

PESCARA. Dicono che neanche se l’investimento fosse cento volte superiore conviene dare il via libera alle trivelle. Ma dicono pure che se passa il principio per cui le estrazioni equivalgono a opere pubbliche, allora per l’Abruzzo si mette davvero molto male.
Sono preoccupati gli assessori all’Ambiente delle Province di Chieti, Pescara e Teramo sul fronte delle ricerche petrolifere sia in mare che nella terraferma. Rappresentano tre quarti dell’Abruzzo («Ma L’Aquila è comunque con noi», precisano subito) e la prospettiva di vedere e sentire ulteriori piattaforme davanti ad ombrelloni ed alberghi o in mezzo alle colline fra i parchi nazionali, - alla luce soprattutto della decisione della Consulta (alla quale si è rivolto il governo Berlusconi) di bocciare la legge Chiodi anti-estrazioni - li spinge a fare un passo politicamente controcorrente e che sa quasi di ultima spiaggia: scrivere un documento unitario al governatore affinché la problematica siano concordate in modo chiaro le azioni politiche, istituzionali ed eventualmente legali.

Nel documento i tre assessori Eugenio Caporrella (Chieti), Mario Lattanzio (Pescara) e Francesco Marconi (Teramo) spiegano che i progetti di petrolizzazione vanno contrastati in quanto rischiano di compromettere l’Abruzzo sia dal punto di vista ambientale che produttivo ed economico: «La costa, i Comuni che si affacciano sul litorale, le colline sulle quali si producono olio, vino e altre eccellenze agroalimentari, l’attività ittica e quella turistica sarebbero irrimediabilmente compromessi».

Il punto di partenza è il Centro Oli, l’impianto di lavorazione dei prodotti petroliferi previsto dall’Eni ad Ortona e ritenuto il caso-simbolo della petrolizzazione in Abruzzo; a seguire tutte le domande di estrazione di idrocarburi presentate da società straniere e che alcune delle quali sono solo in attesa della Via (valutazione di impatto ambientale). «Preferiamo non fare un discorso politico, ma esclusivamente ambientale e produttivo», mette le mani avanti Caporrella, «certo è che la vicenda del Cento Oli ci insegna che quando cresce l’attenzione delle compagnie petrolifere diminuisce quella di altri investitori e l’Abruzzo non se lo può permettere». «Non c’è investimento che tenga», aggiunge l’assessore Lattanzio, «neanche un ipotetico aumento valore dell’indotto innescato dalla petrolizzazione colmerebbe la svalutazione degli altri settori».

La coesione su questo punto sembra forte anche perché i vantaggi economici che deriverebbero dalle estrazioni equivarebbero al solo pagamento dell’Ici ai Comuni da parte delle società petrolifere e non prevedono le royalties che andrebbero invece al governo centrale.
«Siamo d’accordo di andare incontro tutti insieme alla posizione assunta dalla Regione sia verso il Centro Oli sia verso le altre autorizzazioni che incombono sull’Abruzzo», ribadisce l’assessore Francesco Marconi, «perché, arrivati a questo punto, l’ambiente è una priorità e le ricerche non possono diventare un diritto».