Precariato, tagli e incertezze: l’anatomia di una crisi industriale in Abruzzo

28 Dicembre 2025

Dal Chietino all’Aquilano, il 2026 si apre con una delle recessioni più gravi della storia abruzzese

L’AQUILA. L’Abruzzo chiude il 2025 sommerso da una delle crisi industriali più profonde della sua storia recente, con un effetto domino che sta travolgendo i principali poli produttivi della regione, dal Chietino alla Marsica, fino alla Valle Peligna e all’Aquilano, passando per il Teramano. Il panorama è quello di un territorio in bilico, dove le incertezze del mercato globale si riflettono direttamente sulla stabilità di migliaia di famiglie, costringendo istituzioni e sindacati a una mobilitazione permanente per evitare la definitiva desertificazione industriale di intere aree.

L’AUTOMOTIVE

Il cuore pulsante della crisi è il settore dell'automotive, storicamente il pilastro economico dell'Abruzzo, oggi messo a dura prova dalla transizione ecologica e dalle nuove strategie dei grandi gruppi multinazionali. Al centro di questa tempesta c'è Stellantis, il cui stabilimento di Atessa rimane il termometro della tenuta occupazionale regionale. Nonostante la forza lavoro conti circa 4.800 dipendenti, il sito sta affrontando un drastico calo produttivo che, nei primi nove mesi del 2025, ha registrato una flessione del 23,9% con 114.060 veicoli commerciali prodotti. Questa contrazione ha spinto l'azienda ad avviare un piano di uscite volontarie che coinvolge circa 600 lavoratori, mentre le previsioni per l’anno a venire rimangono incerte. Si teme molto la competizione con Gliwice, lo stabilimento polacco. La guerra è sui numeri dei furgoni prodotti e sui tempi di produzione. Le difficoltà di Stellantis ricadono inevitabilmente sull’intero indotto, creando situazioni di estrema criticità per i fornitori locali. A Sulmona, la Magneti Marelli, strettamente legata allo stabilimento di Atessa, vive una fase di stallo che sta preoccupando da tempo l’intero territorio della Valle Peligna. Lo stabilimento, che impiega 444 addetti, è da tempo interessato dai contratti di solidarietà a causa dell'altalena degli ordini. I sindacati hanno chiesto con forza che il nuovo piano industriale, atteso per l’inizio del 2026, garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali e nuovi investimenti per evitare lo spostamento delle commesse verso l’estero. Analoga sofferenza si respira alla Sodecia di Raiano, dove la decisione di chiudere il polo abruzzese per trasferire l’intera produzione a Chivasso ha gettato nell'incertezza i 39 dipendenti dello stabilimento. Per ora, i licenziamenti sono stati bloccati, ma a metà gennaio bisognerà riaffrontare nuovamente la questione. Anche la Pierburg di Lanciano con 135 lavoratori – parte del gruppo Rheinmetall, multinazionale tedesca, con uno stabilimento a Fossacesia dove si produce componentistica per il comparto bellico – è entrata in uno stato di agitazione permanente dopo l’annuncio della casa madre di voler dismettere il settore automotive per puntare sulla difesa, lasciando il sito in attesa di acquirenti ancora non ufficializzati. Nel Teramano, l'Industriale Sud (Imr), che si occupa di prodotti in plastica nel settore automobilistico, è da tempo in crisi. Le organizzazioni sindacali hanno più volte ribadito la preoccupazioni dei dipendenti in merito alla prospettive produttive e occupazionali. I vari investimenti e progetti fatti fino a ora dal gruppo non sembrano aver coinvolto il sito locale.

MICROELETTRONICA

Spostando lo sguardo verso la Marsica, il settore dell'alta tecnologia e della ricerca non offre scenari più rassicuranti. La vertenza LFoundry di Avezzano rappresenta una delle sfide più complesse per la Regione. Lo storico stabilimento di semiconduttori di proprietà cinese, con i suoi 1.300 dipendenti, si trova in una fase di profonda incertezza strategica ormai da diversi anni. Dal primo gennaio 2025, per poter affrontare la contrazione di mercato, si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali che hanno coinvolto anche gli interinali e andranno avanti fino al 2027. Gli ultimi incontri sono stati privi di indicazioni chiare su nuovi investimenti e sui nuovi prodotti, tanto che hanno fatto crescere ulteriormente la preoccupazione tra i dipendenti. Sempre ad Avezzano, la multinazionale Micron ha avviato procedure di licenziamento collettivo che colpiscono la sua sede di ricerca e sviluppo. Una decisione motivata da un piano di riassetto globale che coinvolgerà 14 professionisti. Si è attualmente in una fase di dialogo tra azienda e parti sociali. La speranza è quella di poter trovare un accordo che tuteli i lavoratori.

I SERVIZI

Il declino economico non risparmia neanche il settore dei servizi e della grande distribuzione, colpendo duramente i territori già fragili della Valle Peligna e dell’Aquilano. A Sulmona, il call center 3G, che impiega circa 200 persone, naviga a vista dopo aver perso importanti commesse, riuscendo a salvare parte dei posti di lavoro solo grazie all’acquisizione di nuovi lavori che tuttavia non garantiscono una stabilità a lungo termine. Sul fronte commerciale, la notizia della chiusura di diversi punti vendita Coop tra Sulmona e Celano ha scatenato scioperi e mobilitazioni. Sarebbero 45 i lavoratori coinvolti. Per ora ci sono stati dei sit-in di protesta per questi tagli inaspettati, ma le organizzazioni sindacali hanno già annunciato di voler andare avanti per tutelare i dipendenti. Anche i colossi come Ikea, nel sito di San Giovanni Teatino con 150 addetti, hanno visto scendere in piazza i lavoratori per protestare contro il mancato rinnovo del contratto integrativo e la riduzione dei diritti acquisiti. Una situazione che si trascina da tempo e non fa dormire sonni tranquilli agli addetti del grande magazzino. Non va meglio nell’aquilano, dove le crisi aziendali hanno assunto contorni drammatici. La vertenza Dante Labs ha messo a nudo le fragilità di quello che doveva essere un polo d'eccellenza nella genetica avanzata. L’azienda, che conta formalmente 45 dipendenti, è travolta da debiti milionari e accuse di mancato pagamento dei salari, con i dipendenti che parlano di una «lunga agonia» senza prospettive di rilancio. Non meno grave è la situazione della Aura, realtà impegnata nel riciclo di rifiuti tecnologici con 52 addetti, che ha cessato le attività produttive lasciando il personale senza ammortizzatori sociali e in balia di una procedura fallimentare. Il 100% del capitale sociale è stato venduto alla Mival Connect AG di Chiasso, società del settore delle telecomunicazioni, ma le prospettive per i lavoratori non sono cambiate.