Schirò: non denigriamo i magistrati

Grandi Rischi, interviene il presidente di Corte d’Appello: critiche sì ma anche rispetto delle funzioni giurisdizionali

L’AQUILA. Ancora una volta le vicende connesse al terremoto dell’Aquila hanno caratterizzato la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario tenuta nella scuola sottufficiali della Finanza del capoluogo di regione. Le considerazioni sulla sentenza inerente alla commissione Grandi rischi sono state uno dei passaggi che hanno destato maggior interesse nell’ambito della relazione del nuovo presidente di Corte d’Appello, Stefano Schirò.

«Le sentenze», ha detto il giudice precisando che la sua è una valutazione d’ordine generale, «possono essere criticate, ma non è consentito che vengano denigrate». «Mi limito a osservare», ha poi spiegato il magistrato nella relazione, «che le critiche, anche aspre, alle sentenze sono ovviamente lecite ma devono rispettare la dignità e il rilievo costituzionale della funzione giurisdizionale senza trasformarsi in una consentita denigrazione». Dopo di lui, nella veste di esponente dell’Associazione nazionale magistrati, anche il pm David Mancini ha parlato sullo stesso tema di «denigrazione e disinformazione», ritenendo che al riguardo la stampa può avere un ruolo importante.

Schirò ha parlato ancora di terremoto. «L’Aquila città umiliata è metafora del perenne ritardo italiano». Così il giudice ha definito la situazione della città. Egli non ha voluto fare riferimenti precisi sulle responsabilità, ma è chiaro che sul banco degli imputati ci sono tutte le istituzioni che hanno gestito il post-terremoto.

La denuncia dello stallo in cui versa l’opera di ricostruzione fa riferimento ai cittadini «che sono in stato di preoccupazione e di ansia, aggravato dal susseguirsi di episodi di sciame sismico, e quindi segnati e provati da sfiducia e incertezza sul loro futuro»; poi l’invito all’unione e a reagire «non con strepiti, denunce e polemiche, ma con una quotidiana, fattiva e regolare operosità», sono altri passaggi importanti della relazione del presidente della Corte d’Appello. «Di recente il presidente della Repubblica», ha aggiunto, «citando Benedetto Croce, ha ammonito a rinvenire nel bene dell’Italia il limite oltre il quale non deve spingersi la discordia. Trovo questa citazione adatta alla situazione dell’Aquila, dove c’è bisogno di normalità». Il relatore ha poi ricordato i ben noti timori di infiltrazioni mafiose negli appalti del condomìni privati inagibili per il sisma.

ORGANICI. Ampio spazio nella relazione di Schirò l’hanno avuta anche le denunce di carenza di personale e risorse. Per la pianta organica degli uffici giudicanti, su 140 magistrati previsti, alla fine del 2012, la copertura è di 16 unità in meno. Ancora più grave la situazione in Corte d’Appello, dove il 18% dell’organico previsto è invece scoperto. In riferimento all’attività, in Corte d’Appello e nella maggior parte dei tribunali, Schirò ha spiegato che è stato centrato l’obiettivo della «inversione del rapporto tra il numero delle sentenze civili emesse e le nuove iscrizioni». REATI. Poi, passando ai reati, sono stati indicati in ascesa quelli contro la pubblica amministrazione con un incremento a Pescara e L’Aquila, gli omicidi volontari e colposi, i delitti contro la libertà sessuale e per fatti di stalking, lo spaccio di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione, nonché i delitti contro il patrimonio. «Quanto ai reati di associazione di tipo mafioso», ha aggiunto, «va posto in evidenza il significativo aumento dei procedimenti iscritti dalla Direzione antimafia legati all’efficace opera di contrasto nell’attività di ricostruzione, Va segnalato che l’Abruzzo è una regione gravemente colpita dal fenomeno della tratta e sfruttamento della condizione femminile». In relazione ai delitti di indebita percezione di fondi statali, di enti o dell’Unione europea, c’è un sensibile aumento dei casi nei tribunali di Teramo, Pescara, L’Aquila, Chieti e Sulmona.

©RIPRODUZIONE RISERVATA